È una vittoria politica postuma, ma non per questo di minore importanza. La Corte Costituzionale ha infatti accolto il ricorso che la Regione Puglia presentò il 9 gennaio dello scorso anno, quando al governo c’era ancora Nichi Vendola, contro il decreto «Sblocca-Italia» in merito a quanto previsto nell’articolo 1 in materia di «Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive».

Al centro del contendere, questa volta, non ci sono i permessi per effettuare indagini esplorative alla ricerca di petrolio e gas in Mar Adriatico e Mar Ionio, ma la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari, previste dal Programma Infrastrutture Strategiche (disciplinato dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443) e l’approvazione dei contratti di programma tra l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (Enac) e i gestori degli aeroporti di interesse nazionale. Il decreto «Sblocca Italia» infatti, da un lato ha affidato allo Stato la redazione del Piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria di interesse nazionale o europeo senza prevedere l’intesa con la Regione interessata, dall’altro nelle materie del governo del territorio e dei porti e aeroporti civili, ha concesso allo Stato di esercitare la funzione amministrativa senza alcun coinvolgimento della Regione interessata.

Secondo la Regione Puglia, anche in base alla sentenza n. 303 del 2003 della Corte Costituzionale, nell’ambito di tali materie sarebbe preclusa allo Stato l’allocazione a livello centrale delle funzioni amministrative, se non mediante una chiamata in sussidiarietà e nel rispetto delle garanzie partecipative previste a tal fine a favore delle Regioni interessate. Nei commi 2 e 4 dell’art. 1 del decreto impugnato, queste garanzie non sono osservate, perché la Regione può intervenire nella fase di approvazione e di esecuzione dei progetti solo in sede di conferenza di servizi, e, nel caso di un suo dissenso, che è preordinato al raggiungimento di un’intesa tra Stato e Regione, troverebbe applicazione solo quando il dissenso concerne la tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o del patrimonio storico-artistico, ovvero la tutela della salute e della pubblica incolumità. Per questo la Regione Puglia ha evidenziato nel ricorso la violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in quanto proprio grazie a quanto previsto dai commi 2 e 4 dell’art. 1 dello «Sblocca Italia», è stata operata una chiamata in sussidiarietà di funzioni amministrative senza il necessario coinvolgimento delle Regioni interessate, nella forma dell’intesa.

Secondo la Corte Costituzionale, il Piano di ammodernamento della rete ferroviaria non ha ad oggetto specifiche opere, ma la sola individuazione dei tratti della rete bisognosi di intervento, e concerne perciò una prospettiva necessariamente unitaria, che non si presta ad essere parcellizzata con riferimento alla posizione di ciascuna Regione.

È per questa ragione che la sede naturale ove raggiungere l’intesa deve ravvisarsi nella Conferenza Stato-Regioni. In merito alla determinazione dei diritti aeroportuali e alla redazione dei piani di intervento sulle infrastrutture invece, la Corte sottolinea che verificandosi un concorso tra competenze esclusive statali («tutela della concorrenza») e competenze regionali («porti e aeroporti», e «governo del territorio»), che non può essere disciplinato secondo il criterio della prevalenza ed esige quindi l’introduzione di moduli collaborativi.

Per questi motivi la sentenza n. 7 depositata ieri, ha stabilito l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1 dello «Sblocco Italia» nella parte in cui «non prevede che l’approvazione del Piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria avvenga d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni e nella parte in cui, ai fini dell’approvazione, non prevede il parere della Regione sui contratti di programma tra l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC) e i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale».

Uno smacco notevole per il governo, che ora dovrà rimettere mani al provvedimento tanto discusso.

Soddisfazione per Vendola, che ricorda come il ricorso fu presentato «per assicurare che i territori abbiano voce quando si prendono decisioni strategiche e delicatissime sul destino delle loro risorse naturalistiche e bellezze paesaggistiche», senza contraddire i principi di partecipazione e leale cooperazione cardini di un sistema decisionale democratico che non possono favorire «gli appetiti famelici delle lobbies economiche».

Per Emiliano «è una notizia bomba: la decisione della Consulta è un dato politico molto rilevante».