«Quando fu scoperto il paziente 1 positivo al Covid all’ospedale di Codogno, nell’ospedale di Alzano Lombardo c’erano già un centinaio di contagiati dal virus».

Lo ha detto ieri il professor Andrea Crisanti ai giornalisti fuori dalla Procura di Bergamo dopo aver consegnato la maxi consulenza sui primi mesi di gestione della pandemia. Come anticipato ieri dallo stesso Crisanti al manifesto, la storia del Covid in Italia va retrodata di un mese. La mancata scoperta dei casi di Covid tra gennaio e febbraio chiama in causa i protocolli del ministero che non sono stati in grado di intercettare il virus. L’anestesista di Codogno dovette violarli per scoprire il primo caso in ospedale.

Il lavoro del microbiologo va alle origini della gestione pandemica italiana e dall’ospedale di Alzano Lombardo, passo dopo passo, porta a Roma. Crisanti ha detto che sono emerse «criticità riguardo l’applicazione e la tempistica della zona rossa» nella Val Seriana, mai arrivata, e «criticità sull’applicazione del piano pandemico nazionale».

Minori quelle riguardanti l’ospedale di Alzano Lombardo. Crisanti ha detto ai giornalisti che «sono stati fatti dei calcoli» per quantificare le vittime che si sarebbero evitate con la zona rossa. La perizia è stata acquista dai magistrati bergamaschi che indagano per epidemia colposa, nelle prossime settimane verrà riconsegnata al microbiologo con una serie di integrazioni e poi definitivamente allegata alla chiusura delle indagini. Entro marzo la Procura deciderà se procedere giudiziariamente, archiviare tutta o parti dell’indagine oppure inviare una parte di essa a Roma.

«Allo stato ritengo prematura ogni esternazione, peraltro non più consentita dall’articolo 5 del recente decreto 188», si limita a dire il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani dopo il deposito della consulenza di Crisanti. «Aspetto di leggere e aspetto le valutazioni dei titolari delle indagini per i prossimi giorni», ha aggiunto il magistrato.