«La sobrietà della riflessione filosofica può giovare alla riscoperta di noi stessi come parte della natura a partire dal modo con cui oggi la natura si manifesta», così Lelio La Porta apre il suo Libertà. Dalla prassi della filosofia alla filosofia della prassi (Asterios Abiblio, pp. 62, euro 5,90), parte di una collana, «Lessico pandemico», di cui è direttore editoriale Aldo Meccariello. Sono usciti a ora nove volumetti, concepiti appunto come voci di lessico, da Angoscia (G. D’Acunto e A. Maccariello) a Virus (G. Chimirri), tutte pubblicazioni stimolanti e spiace che tra esse non sia ancora presente una voce di donna.

TRA I SEGNI di quanto profonde siano le ferite della crisi pandemica, che sommuove consuetudini di vita, condizioni materiali, quadri mentali, rendendo più opaco lo sguardo sul futuro, sono da annoverare anche iniziative editoriali di singoli studiosi o collettanee che da quel vuoto di pensiero partono per tentare una risposta. Il tratto comune, tipico delle contingenze storiche di rapida trasformazione, è la scommessa di mettere, diciamo così, in attrito le intimazioni e le afasie del presente con il pensiero. Si tratta, dunque, non di opere organiche, né generalmente di ampia trattazione, di provenienza disciplinare varia, a indicare insomma l’urgenza della militanza intellettuale.

La Porta affronta il tema di una possibile costruzione di senso senza nascondersi il dato divenuto centrale nel nuovo secolo: lo smarrimento del soggetto, sia in senso individuale che collettivo. Un tema che l’evento disvelante, ma nient’affatto unico, della pandemia in corso ha complicato e approfondito, mettendo sotto gli occhi la questione del rapporto tra società umana e ambiente naturale. Un nodo decisivo, che comporta un ri-pensamento contemporaneo su due versanti: quale nuova società umana consapevole delle proprie ingiustizie interne e dei propri limiti esterni nella sfera del vivente; quale soggetto individuale e quale blocco sociale capaci di farsi protagonisti di tanta e drammatica trasformazione.

La Porta concentra il suo sguardo sul problema della libertà, che è appunto la possibilità dell’agire e del decidere, prendendo avvio da Hannah Arendt, sviluppando poi il suo ragionamento fino a Marx, Gramsci, Che Guevara, senza trascurare pensatori antichi e liberali. Dalla riflessione arendtiana, contro lo smarrimento odierno l’autore prima deriva il nesso inscindibile tra nascita e libertà – del primo essere umano e di ogni individuo – dunque la capacità inalienabile, propriamente umana di creare qualcosa non esistente prima, ovvero il nuovo che è la Storia; poi rischiara l’espressione il potere è del popolo tramite la nozione centrale di potere.

POTERE è lo spazio della libertà, il luogo della comunità di azioni e di parole, dove, per usare la celebre formula marxiana «il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti», concetto radicalmente opposto, dunque, alla coercizione di chi governa che invece lo nega. Da qui l’autore, constatato che «i partiti politici organizzati nel senso della democrazia che si organizza non esistono più», vede aprirsi la possibilità per i subalterni di «organizzarsi spontaneamente, partendo da piccole comunità che resistono, al fine di creare un movimento che parli».
Un’operazione possibile e necessaria a condizione, dice La Porta sulla scorta di Gramsci, che i subalterni, presa consapevolezza della loro sottomissione all’immediato interesse economico-corporativo, accedano alla superiore dimensione etico-politica: «che cosa è messo in discussione dal controllo digitale verso cui si sta andando, soprattutto nel mondo della scuola, per non parlar d’altro? È tempo di scelte. Tertium non datur: o le tecnologie sono mezzo e non fine (…) La vita dell’umanità non può essere legata alla coercizione del mercato. Libertà vuol dire demercificare la vita!».