La concertazione di Renzi «non esiste»: e se lo dice il ministro del Lavoro in persona, c’è da crederci. L’affermazione è arrivata ieri mattina da Giuliano Poletti, dopo che nel fine settimana il presidente del consiglio aveva già strigliato per bene Cgil e Confindustria, definendoli «la palude» (mentre a sé ha avocato il ruolo di «torrente») e subito dopo i suoi numero uno, Susanna Camusso e Giorgio Squinzi, bollandoli come «la strana coppia». Ed ecco il culmine del lunedì, in bocca a Poletti: «La concertazione di Renzi credo che non esista – ha spiegato il ministro – È nostra intenzione confrontarci e dialogare, ma alla fine il governo decide, si prende le sue responsabilità e i cittadini lo giudicano per quello che fa».

Il concetto è chiaro, e in effetti lo stesso Renzi lo aveva anticipato, sempre questo week end, affermando che la sua politica è indirizzata a soddisfare le famiglie italiane, e non i “corpi intermedi” che dovrebbero rappresentarle (almeno alcune): appunto il mondo delle imprese e il sindacato.

«Esiste un confronto, in Europa esiste il dialogo sociale – ha proseguito Poletti – Da europei dobbiamo sviluppare il dialogo ma dobbiamo affermare la responsabilità di ognuno nello svolgere la propria funzione. Bisogna discutere, ascoltarsi, confrontarsi. Io faccio il ministro del lavoro, quindi con le parti sociali mi incontro tutte le volte che è utile, ma la cosa che deve essere chiara è che quando è l’ora di decidere, io il ministro, e quindi il governo, decide e viene giudicato dai cittadini».

Le parole il ministro le ha pronunciate su Agorà, di Rai 3: più tardi Poletti ha partecipato a una conferenza stampa con Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, tra i più critici al suo decreto sui contratti a termine e apprendistato.

Il titolare del Lavoro ha chiarito proprio durante la conferenza stampa che il decreto non potrà essere cambiato più di tanto, e che addirittura è pronto a «opporsi con tutte le forze» contro eventuali «stravolgimenti»: «Dialogheremo con le Commissioni e il Parlamento – ha spiegato Poletti – ma se qualcuno pensa di stravolgere quello che abbiamo fatto, ci opporremo con tutte le forze».

«No a stravolgimenti» era proprio lo slogan scelto la settimana scorsa da Squinzi per difendere l’integrità del decreto: e anzi, a guardar bene questo provvedimento, bisognerebbe proprio chiedersi se non sia un po’ una commedia il presunto scontro Renzi-Confindustria: la Cgil ha certamente da lamentarsi per questa misura – e infatti lo ha fatto, chiedendo modifiche al dl Poletti – ma per le imprese è invece una manna.

E va detto che lo stesso leader di Confindustria ha chiarito che non c’è affatto opposizione da parte sua al governo, anzi «La contrapposizione che sta montando in questo momento è essenzialmente mediatica e non corrisponde alla nostra visione – ha spiegato Squinzi – Posso garantire fin d’ora che saremo i sostenitori più leali del governo in attesa delle riforme e di vederle applicate». Insomma, le riforme ci piacciono, dicono le imprese, però si devono applicare.

Poi la richiesta di Squinzi: «Serve una drastica revisione del patto fiscale che ha penalizzato imprese e lavoro ponendo l’industria italiana in svantaggio competitivo».

Ma ha detto la sua anche Susanna Camusso: «Scavalcare le parti sociali è una mossa conservatrice: posizioni come quelle di Renzi indeboliscono la democrazia».