Le piattaforme digitali Google, Amazon, Facebook, Microsoft e tutte quelle che raggiungono più del 10% della popolazione dell’Unione europea (45 milioni di utenti) potrebbero pagare multe pari al 10 per cento del loro fatturato globale se non rispetteranno le regole stabilite dalle proposte di legge chiamate «Digital Markets Act» e «Digital Services Act»presentate ieri a Bruxelles dalla vicepresidente della Commissione Europea Margrethe Vestager e dal commissario per il Mercato interno Thierry Breton. »Le due proposte hanno un unico scopo: assicurarsi che noi, in quanto utenti, abbiamo accesso a un’ampia scelta di prodotti e servizi sicuri. Ciò che è illegale offline è altrettanto illegale online. Vogliamo «rimettere ordine nel caos del traffico su internet» ha detto Vestager. Il Regno Unito ha pubblicato proposte simili martedì scorso, mentre gli Stati Uniti stanno valutando modifiche sulla responsabilità dei contenuti e la concorrenza.

IL »DIGITAL SERVICE ACT» è stato concepito per impedire la diffusione degli discorsi d’odio e di quelli razzisti, la pedopornografia, la vendita di prodotti che non rispettano le norme europee e la propaganda dei gruppi terroristi. Nei casi in cui le aziende non interverranno sono previste sanzioni che possono arrivare anche allo spacchettamento dei monopoli nei rispettivi settori e alla cessione di determinate attività nei casi in cui non siano disponibili misure per garantire il rispetto delle norme. La Commissione Ue intende applicarle «ai principali fornitori dei servizi di piattaforme di base più inclini a ricorrere a pratiche sleali, come i motori di ricerca, i social network o i servizi di intermediazione online».

IL «DIGITAL MARKETS ACT» intende evitare che i «guardiani» della rete impongano condizioni inique alle imprese e ai consumatori che usano le piattaforme per vendere i loro prodotti, garantire la concorrenza nella fornitura dei servizi digitali. Si intende così fare valere il divieto di accedere ai loro dati quando operano sulle piattaforme monopolistiche e semplificare i passaggi degli utenti che intendono usufruire di servizi alternativi. In questa descrizione si riconoscono aziende come Amazon o Google già oggetti di procedure di infrazione da parte della Commissione Ue,e in particolare della vicepresidente responsabile per il digitale Vestager. Bruxelles vuole mettere fuori legge la possibilità di questi «guardiani» di vietare ad altri di accedere ai loro mercati online come gli «app store», purché rispettino le condizioni che si applicano al servizio. Questo è uno dei motivi di scontro con Spotify o Facebook che ritengono che Apple abbia posto condizioni inique sulle loro app. Il creatore di iPhone nega ogni addebito. La Commissione intende inoltre bloccare le pratiche commerciali note come «autopreferenziazione»: la classificazione de i propri prodotti in anticipo rispetto a quelli dei concorrenti. Nel caso di Apple questo potrebbe portare a restrizioni sulla promozione dei suoi i servizi digitali. Facebook, Google o Amazon dovranno inoltre fornire alle autorità nazionali di regolazione un maggiore accesso ai dati interni e nominare revisori indipendenti. Queste ultime avranno maggiori poteri, compresa la possibilità di imporre multe fino al sei per cento delle entrate annuali delle aziende. A Google potrebbe essere limitata la pratica di collocare i propri prodotti in testa al suo motore di ricerca. «Esamineremo attentamente le proposte della commissione, ma ci preoccupa che possano essere mirate specificamente a un gruppo ristretto di aziende rendendo più difficile lo sviluppo di nuovi prodotti a sostegno delle piccole imprese in Europa» ha detto il vice presidente di Google Karan Bhatia.

LA TASSAZIONE delle Big Tech non è prevista nelle due proposte presentate ieri. La Commissione ha già avviato i lavori per formalizzare un’iniziativa autonoma che, tra l’altro, ha bisogno di un accordo tra i governi che non sarà facile da raggiungere. «Speriamo che l’iter per approvare le nuove norme europee sul digitale sia il più veloce possibile» e serva «un anno e mezzo» e «poi altri sei mesi prima che il regolamento entri in vigore» ha aggiunto Vestager. «Servirà un rodaggio per la nomina» della aziende considerate “gatekeeper”». Questo è un punto molto delicato. È probabile che le piattaforme impugneranno le decisioni nei tribunali Ue. Per trasformare in legge le proposte occorreranno comunque anni, almeno il 2023. Nel parlamento Ue e nei paesi membri non c’è consenso sui contenuti della regolamentazione delle aziende tecnologiche.

«LA PROPOSTA della Commissione Ue rimane troppo flessibile per quanto riguarda l’applicazione e le sanzioni che sono fondamentali per garantire un livello elevato di protezione dei consumatori » sostiene l’eurodeputata dei Verdi, Anna Cavazzini, presidente della commissione per il Mercato interno e la protezione dei consumatori – Accolgo con favore le proposte sulle norme per i servizi e i mercati digitali. Controllare le piattaforme online oggi è ormai necessario». «Il Parlamento e il Consiglio devono resistere alle enormi pressioni delle lobby delle società Big Tech che tentano di attenuare le proposte» sostiene l’Organizzazione dei consumatori Ue (Beuc)