Le scuse agli italiani sono arrivate ieri dalla presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen perché «nessuno era pronto» alle conseguenze del Covid 19. Ma Von Der Leyen ha evidenziato davanti al parlamento europeo che non c’è voluto molto prima che «ci rendessimo conto che dobbiamo proteggerci gli uni con gli altri». Dopo l’invio di paramedici e medici dalla Polonia e dalla Romania in Italia, e dei ventilatori polmonari dalla Germania alla Spagna, il 23 aprile la «solidarietà europea» dovrebbe arrivare dal via libera al «fondo», ma anche al pacchetto «Meccanismo europeo di stabilità (Mes, Fondo Salva-Stati)+Banca europea degli iinvestimenti+sostegno per le casse integrazioni (Sure)». Il governo italiano ha detto di non volere usare il Mes, pur alleggerito dalle condizionalità sulle spese sanitarie. Ma dovrà votarlo per ottenere in cambio il via libera al «fondo per la ripresa». Potrebbe non essere l’ultimo compromesso. In un’intervista al Financial Times il presidente francese Emmanuel Macron ha detto: «Se non vi sarà solidarietà i populisti potranno dire che l’Europa “non vi protegge”». Ma lo stesso potranno dire i «populisti» neoliberali del nord Europa che si oppongono alla «solidarietà» intergovernativa. Sarà una settimana lunghissima

IERI I RAPPORTI tra Roma e Bruxelles sembravano volgere al bello. Il ramoscello d’ulivo di Von Der leyen è stato raccolto dal ministro degli esteri Luigi Di Maio, a nome della fazione anti-Mes dentro il governo Conte 2. «Le scuse sono un importante atto di verità» ha detto. Il primo voto favorevole del parlamento europeo alla proposta di istituire il «fondo della ripresa» basato sul bilancio europeo con 547 voti a favore è stato un altro segnale. Oggi sarà votata la risoluzione da Ppe, S&D e Verdi. Ma i nodi sono tutt’altro che sciolti. In attesa della giornata campale di giovedì prossimo è in corso uno scontro sulla natura, la tempistica, e l’importo del «fondo per la ripresa» al quale sarebbero destinati 500 miliardi che si aggiungono ai 540 complessivi ipotizzati dall’Eurogruppo tra prestiti della Bei, i modesti e insidiosi prestiti del Mes «alleggerito» e i sostegni alle casse integrazioni del programma «Sure». L’importo del fondo potrà essere aumentato a 1500 miliardi, come ipotizzato dai commissari Ue all’economia e al mercato interno Gentiloni e Breton.

IL CONFLITTO è emerso ieri in uno scambio avvenuto in videoconferenza tra i ministri delle finanze dell’Ecofin. Da una parte c’era la squadra dei paesi «nordici» come Olanda, Danimarca e Svezia che pone la questione della durata: il fondo deve avere una data di scadenza certa ed essere limitato alle spese causate da un virus «esogeno» rispetto a un mercato governato con i parametri di Maastricht. Dall’altra parte c’è la squadra impropriamente detta del «Sud» con Italia, Spagna, Portogallo e la decisiva Francia. Si oppongono al contingentamento, rifiutano ogni condizione al fondo. Per l’Italia il «Recovery Fund» (fondo per la ripresa) va finanziato con l’emissione di titoli comuni, garantendo le stesse condizioni a tutti gli Stati membri.

QUESTO FONDO è stato deciso da Francia e Germania ed è la novità di politica economica europea, insieme alla sospensione (ma non cancellazione) del patto di stabilità. Permetterebbe di mantenere parità di accesso in uno scenario post-crisi dove aumenteranno le differenze tra i paesi colpiti più gravemente dalla crisi rispetto ad altri che lo sono stati di meno. La pandemia colpisce tutti, ma la ripresa si accanirà sui più deboli, moltiplicando le diseguaglianze tra i paesi e all’interno dei paesi. Dopo la tragedia del contagio, è in arrivo quella economica e sociale. Di questo fatto, in Europa, sembra esistere una consapevolezza.

IL MINISTRO FRANCESE dell’economia Bruno Le Maire sostiene che il fondo va finanziato con l’emissione di bond garantiti dagli Stati, anche se non esclude la partecipazione della Commissione Europea con il suo bilancio, da rifinanziare in maniera sostanziosa. È stata avanzata anche l’idea di creare un veicolo istituzionale ad hoc, un’altra istituzione creata fuori dai trattati, e dal controllo politico, una riedizione della logica del Mes. Nei forti limiti di una diplomazia economica conflittuale, uno strumento economico in mano a un’autorità politica, come la Commissione Europea, potrebbe essere una discontinuità rispetto alla rovinosa gestione della crisi dei debiti sovrani di dieci anni fa. Anche se, sarebbe ancora una soluzione a metà, mancando una riforma della Banca centrale europea come prestatrice di ultima istanza. Senza contare che la Commissione è soggetta ai veti incrociati dei governi. Usare il bilancio senza un accordo unanime potrebbe rivelarsi un’impresa difficile e contrastata.

L’EMISSIONE DI BOND da parte della Commissione Ue non richiederebbe nuovi contributi agli Stati membri e darebbe una risposta alla questione degli Eurobond. Non sarebbero emessi dagli stati, ma questi ultimi dovrebbero garantire le operazioni da parte della Commissione che gode di un rating positivo sul mercato finanziario. Su questa ipotesi ci sarebbe il consenso tedesco. Per questo l a Commissione si è esposta sull’ipotesi «fondo per la ripresa» prospettando una nuova funzione del bilancio europeo da attivare nel prossimo triennio, usando le risorse avanzate dall’esercizio precedente. Il consenso dell’asse franco-tedesco può essere utile per sbloccare i veti già posti nella discussione sul nuovo bilancio oggi impantanata. Su questo scenario la Commissione sta giocando le sue carte. Ieri la presidente Ursula Von Der Leyen, davanti al parlamento europeo, ha detto che il bilancio Ue «sarà la chiave della ripresa», sarà usato come «leva per investimenti massicci». Una formula simile fu usata con il piano Juncker che non ebbe molta fortuna.