Se Clint Eastwood è stato il primo, col suo sigaro e il poncho, se Lee Van Cleef il più cattivo, col vestito nero e il cappello, se Bud e Terence i più divertenti, Eli Wallach il più brutto e il più furbo, Giuliano Gemma è stato il più bello, il più solare, il più atletico, il più buono se aveva un senso parlare di buoni nel mondo degli spaghetti western. Robert Woods sapeva andare meglio a cavallo, Gianni Garko era il più elegante, Tomas Milian il più rivoluzionario, ma Ringo era Ringo. Onore a Montgomery Woods, primo eroe italiano dei nostri spaghetti western. Giuliano Gemma se ne va per sempre in un incidente mortale d’auto alle porte della città dove era nato settantacinque anni fa e praticamente sempre vissuto.

Incredibile sapere della sua morte mentre ero appena arrivato per un Festival Western a Tabernas, aspettando altri eroi del western all’italiana, come George Hilton e Robert Woods, nell’Almeria che fu patria di tanti film che videro protagonista proprio Giuliano quando ancora si faceva chiamare Montgomery come Clift e Wood. Se Clint Eastwood era un eroe cinico e disincantato, Gemma aveva la faccia da bravo ragazzo, e infatti Angel Face era il soprannome del suo primo western, Una pistola per Ringo di Duccio Tessari, ma aveva un fisico da piccolo Maciste dei peplum. Nel mitologico dei primi anni 60 era cresciuto. Non solo Arrivano i Titani di Duccio Tessari, che fu il suo primo vero lavoro da protagonista, ma lo si può addirittura vedere comparsa a torso nudo in Ben Hur di William Wyler, poi Ercole doppiato in romanesco all’inizio dell’episodio di Federico Fellini in Boccaccio 70, bel ragazzo che perde letteralmente la testa in Messalina venere imperatrice.

Anche se aveva esordito in piccoli ruoli in Venezia la luna e tu di Dino Risi, dove fa il gondoliere o in Arrangiatevi di Mauro Bolognini, dove fa il pugile, e prosegue nel cinema «alto» con il ruolo di ufficiale garibaldino in Il Gattopardo di Luchino Visconti, è nel peplum e nell’avventuroso popolare che si fa maggiormente notare. Lo vediamo in Maciste, l’eroe più grande del mondo, I due gladiatori, Ercole contro i figli del sole, La rivolta dei pretoriani, quasi alla fine del genere. Malgrado avesse buoni ruoli in film di altro genere, La ragazzola e, soprattutto Angelica e La meravigliosa Angelica, è nel filone western che diventa una star. I suoi primi tre spaghetti western, Una pistola per Ringo, Un dollaro bucato di Giorgio Ferroni e Il ritorno di Ringo, che Tessari diresse traducendo fra indiani e pistoleri l’Odissea con la complicità di Fernando Di Leo, lo lanciano per sempre nel firmamento dei grandi eroi.

. Dopo tre soli lavori Tessari, che fu il vero artefice della sua carriera, convinse Gemma a cambiar genere per non ripetersi troppo nel western. Ma il suo spy demenziale [do action=”citazione”]Per noi bambini del tempo fu uno shock scoprire che Montgomery Wood fosse italiano, anzi romano, e si chiamasse Giuliano Gemma. E grande è la sua apparizione nel mondo dei cappelloni ancora coi capelli biondi dei suoi Titani al ritmo della canzone dei titoli di Una pistola per Ringo cantata dal milanese Maurizio Graf[/do]Kiss Kiss… Bang Bang non venne affatto capito. Il pubblico voleva Ringo. Così lo rivedemmo presto in film molto attesi dai ragazzini del tempo, come Arizona Colt di Michele Lupo, Adios Gringo di Giorgio Stegani, Per pochi dollari ancora di Ferroni.
Di Leo gli cucì addosso una storia da Conte di Montecristo nel curioso I lunghi giorni della vendetta diretto da Florestano Vancini, col quale rimase legato anche nel cinema d’autore, Ennio Flaiano gli scrisse un soggetto per Vivi o, preferibilmente, morti di Tessari dove recita con il campione del mondo Nino Benvenuti, ma i suoi titoli western migliori sono … E per tetto un cielo di stelle di Giulio Petroni, bellissimo film di coppia che lo vede accanto a Mario Adorf, I giorni dell’ira di Tonino Valerii dove affronta un padre cattivo, Lee Van Cleef, e I giorni del potere versione alla Valerii dell’omicidio di Kennedy. Gemma è tra i pochi attori western in grado di riciclarsi nel cinema d’autore.

Grazie alla sua amicizia con Vancini lo vediamo in film adulti, come Violenza al sole, dove recita con due attori di Ingmar Bergman, Bibi Andersson e Gunnar Bjorstrand, o in Corbari. Grazie a questa duttilità e alla popolarità internazionale dovuta a Ringo, Gemma si può muovere da protagonista perfino nel cinema francese e costruirsi una carriera più ricca in Italia. Lo vediamo così in Il prefetto di ferro, Commando d’assalto, L’avvertimento di Damiano Damiani, Tenebre di Dario Argento, Il deserto dei tartari di Valerio Zurlini, anche se il suo ritorno al west come in Tex di Tessari è comunque molto gradito, malgrado il film non fosse piaciuto ai fan del fumetto. Fino alla fine della sua carriera, lo vediamo in un piccolo ruolo in To Rome with Love di Woody Allen, Gemma riesce a mantenere la sua popolarità e a ottenere buoni ruoli, soprattutto in tv.

Gentile, sempre disponibile, Gemma ha saputo muoversi nel mondo del cinema senza perdere la sua freschezza degli inizi, la sua faccia d’angelo e la sua prestanza fisica. Una star, e non solo: un attore col quale siamo cresciuti dagli anni 60. Ora aspettiamo solo di vedere il bel documentario che sua figlia Vera gli ha dedicato con tanto materiale raro proveniente da tutto il mondo. Adios, Ringo!