Andare a votare per «togliersi una soddisfazione». È l’invito di Luigi Di Maio che proprio non ce la fa a rinunciare alla demagogia, malgrado i consigli degli strateghi della campagna elettorale. E proprio mentre Zingaretti sta dicendo (durante la registrazione di Porta a Porta) che lui «odia e combatte l’antipolitica» e «non accetto che con il Sì al referendum si dica che sto facendo un passo indietro», Di Maio in provincia di Napoli chiede agli elettori di «prendersi una grande rivincita, tagliate 345 parlamentari e cominciamo a riprenderci i soldi delle nostre tasse». La giornata, però, era cominciata con una scoperta fatta da +Europa: il gruppo della camera del Movimento 5 Stelle paga per pubblicizzare su facebook video e messaggi di Salvini.

In questo caso non c’entra (chissà) la nostalgia del governo giallo-verde. A essere pubblicizzati sono infatti i messaggi per il Sì dell’opposizione: di Salvini ma anche di Giorgia Meloni. Facebook infatti consente di spingere i post e grazie alla profilazione dei suoi utenti è in grado di farli arriva a bersaglio. In caso di messaggi di contenuto politico è previsto che la sponsorizzazione sia in qualche modo trasparente ed è così che si è potuto vedere che il gruppo 5 Stelle della camera ha pagato cifre variabili dai cento ai mille euro per spingere cinque post che invitano a votare Sì al referendum sul taglio dei parlamentari rilanciando i messaggi di Salvini e Meloni. In un solo post c’è un video di Enrico Letta, anche lui intento a spiegare la necessità di votare Sì. Non tutte le sponsorizzazioni sono ancora attive.

Il lavoro di spinta di questi post è cominciato ieri, 15 settembre. Ma la pagina che ospita i contenuti – “Io Voto Sì” – ha cominciato la sua attività appena il 9 settembre. Ed è sostanzialmente fantasma (anche su Instagram, dove ieri aveva 1 follower). Meglio si direbbe infatti che i contenuti pro taglio dei parlamentari sono prodotti dalla pagina, che non li accoglie visto che si dedica solo a pubblicare video con i parlamentari 5 Stelle come protagonisti. I contenuti che vedono invece in azione – in parlamento o in tv – Salvini e Meloni sono solo spinti e non sono ripresi dal materiale di propaganda della Lega o di Fratelli d’Italia. Anche se ne richiamano lo stile sembrano essere originali, dunque veri e propri spot dei leader dell’opposizione finanziati dal primo gruppo parlamentare di maggioranza. In nome del Sì al taglio dei parlamentari. Pagati dunque con quei soldi pubblici «delle nostre tasse» che Di Maio dice di voler restituire ai cittadini.

Il gruppo 5 Stelle alla camera ha ricevuto oltre 9 milioni di euro di contributo pubblico (rendiconto al 31 dicembre 2019). Spendendo oltre un milione e mezzo per consulenze e 136mila euro per «comunicazione».
Negli ultimi giorni ha deciso di reagire al progressivo disimpegno di Salvini e Meloni per il Sì. Evidentemente i grillini si sono spaventati per il moltiplicarsi di dichiarazioni in favore del No di dirigenti e parlamentari sia della Lega che di Fratelli d’Italia. E hanno fatto partire le sponsorizzazioni per richiamare il centrodestra e i suoi elettori – inseguendoli su Facebook – alla fedeltà al Sì. Legittimo anche questo ormai, nella campagna elettorale che abbondano i manifesti e dirotta sui social. Qualche deputato grillini (magari inseguito per gli arretrati all’associazione Rousseau) ha storto la bocca a scoprire come vengono usati i soldi (pubblici) del gruppo. Perché messaggi tipo «Meloni sceglie la coerenza e la chiarezza», o «Il capitano non ha dubbi» girano accompagnati dalla didascalia «finanziato dal Movimento 5 Stelle della camera».