È ben noto che Nanni Moretti quando sceglie una canzone per un suo film difficilmente sbaglia il colpo, tra milioni di opzioni possibili. Quando sgorga improvviso e coinvolge tutti, è scelta geniale. In Habebus Papam, 2011, c’è una scena memorabile in cui una guardia svizzera fa risuonare le note imperiose di una donna che canta Todo Cambia. La musica pare esondare dalle sala lignea, e alla fine arriva ai cardinali riuniti, che sembrano avvolti da quella nuvola perentoria di note ondulate, e a un certo punto accompagnano il tutto col battito delle mani.

La vocalist dalla voce scura e urgente è Mercedes Sosa, detta La Negra. Nata a San Miguel de Tucuman, scomparsa a Buenos Aires nel 2009, a settantaquattro anni. Dalla sua Argentina era stata costretta a fuggire, anche: non c’erano spazi di mediazione tra la ferocia ottusa dei generali che organizzavano i «voli della morte» per i desaparecidos e una donna con la schiena dritta che affermava di essere una «cantora popular», una cantante del popolo. Una voce che è stata ambasciatrice della libertà e della dignità necessaria per tutti, una voce che ha saputo contenere le parole di Violeta Para, di Victor Hara, di Pablo Neruda.

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E adesso La Negra torna, perché La Rubia canta la Negra. Le canzoni che hanno incantato più generazioni ci sono tutte: da Alfonsina y el mar a Te requerdo Amanda e, naturalmente, Todo Cambia. La Rubia (La Rossa) è Ginevra di Marco, che da tanti anni meditava di tributare un omaggio alla «Cantora» argentina, e con la caparbietà che la contraddistingue s’è inventata una campagna di crowdfunding fin quando non ha visto la luce il disco per Mercedes Sosa.

Con Francesco Magnelli alle tastiere, Andrea Salvadori alle chitarre, Luca Ragazzo e Marzio Del Testa e Timoteo Grignani alle percussioni, e tanti altri amici che hanno costruito una smagliante e semplicissima tessitura di timbri e accenti ritmici ad avvolgere la voce luminosa di Ginevra. Che anche quando, in un passato ormai lontano, ha scelto di cantare il rock ha sempre lasciato trapelare nelle inflessioni un amore indomabile per le note popolari, cresciuto poi fino a farne, oggi, una delle voci imprescindibili della scena folk progressiva. Ginevra racconta che dalla voce di Mercedes Sosa fu folgorata e commossa vent’anni fa, di botto, ascoltando Gracias a la vida: «ascoltavo altra musica, quello era un mondo che non mi era mai appartenuto ma ricordo la netta sensazione delle lacrime a rigarmi il volto, gettando il seme di un futuro possibile». Perché «esistono artisti e esistono pupazzi» che indossano la maschera della protesta per poi toglierla dietro le quinte. Mercedes ha scelto da che parte stare e ha pagato con la sofferenza dell’esilio questa coerenza feroce. Il suo canto era un vento di speranza che sapeva arrivare ovunque. E ora, grazie a lei, per dirla con Bertoli, «il vento soffia ancora».