La diffusione in nuove aree di organismi dannosi per le piante è un fenomeno sempre più frequente. Insetti e altri patogeni vegetali trovano nei nuovi territori condizioni ancora più favorevoli rispetto agli habitat di provenienza, col risultato di una maggiore capacità riproduttiva e di insediamento.

E’ IL CASO DELLA COCCINIGLIA tartaruga, Toumeyella parvicornis, un insetto fitofago che in Italia sta colpendo le piante di pino domestico o da pinoli, Pinus pinea. Sono i pini di Campania e Lazio ad essere sotto attacco, determinando una emergenza fitosanitaria difficile da affrontare. L’insetto è originario del Nord America, dove è rimasto confinato fino a 20 anni fa. All’inizio degli anni 2000 la sua presenza viene segnalata nel centro America, arrivato probabilmente al seguito di alberi natalizi. Nel nuovo ambiente le cose cambiano, a dimostrazione di quale effetto possono avere i fattori climatici sul ciclo vitale degli insetti.

SE NELL’AREA NATIVA la riproduzione avviene al ritmo di una generazione all’anno, nelle zone tropicali se ne contano fino a 5. Ed è così che nel giro di pochi anni nell’area caraibica la cocciniglia tartaruga ha devastato il pino autoctono, Pinus caribaea, portando quasi all’estinzione. In Italia la presenza di questo organismo «alieno» viene rilevata a partire dal 2014 nelle province di Napoli e Caserta, dove vengono attaccate le pinete. Oramai l’infestazione interessa tutta la fascia costiera, dall’alto casertano alla città di Salerno, coinvolgendo anche i territori interni delle province di Avellino e Benevento. L’importazione di piante da vivaio potrebbe favorire l’ingresso di organismi nocivi. Sta di fatto che la velocità con cui si è propagata l’infestazione ha colto di sorpresa gli organismi di controllo. L’elevato potenziale di riproduzione della specie, con 3-4 generazioni all’anno e con le femmine in grado di deporre 500-700 uova per ogni ciclo rendono difficile il contenimento. A partire dal 2018 l’insetto trova il modo per diffondersi tra i pini di Roma e delle aree limitrofe, attaccando alberi secolari. La malattia si manifesta con un progressivo ingiallimento della chioma, perdita degli aghi, un forte deperimento della pianta che può portare alla morte in pochi anni.

QUESTA SERIE DI EVENTI è correlata all’azione diretta e indiretta della cocciniglia tartaruga. Le colonie che si insediano sui germogli e sugli aghi delle piante si nutrono della linfa, ma nel corso di questa attività producono una sostanza densa e zuccherina chiamata melata, che fa da substrato per la crescita di funghi saprofiti responsabili, a loro volta, della formazione di fumaggine. Questa patina copre le parti dell’albero, rallentando i processi fotosintetici e gli scambi gassosi, accelerando il deperimento della pianta.

LE PRIMAVERE ANTICIPATE di questi anni e le estati con scarsa piovosità sono da considerare tra i fattori che hanno favorito la diffusione dell’insetto. I rischi fitosanitari legati ai cambiamenti climatici sono tra i temi all’ordine del giorno. Vale la pena ricordare la capacità distruttiva del punteruolo rosso delle palme o della cimice asiatica dei castagni (salvati dall’introduzione di un antagonista, la vespa samurai). Il pino domestico è quello più esposto agli attacchi della cocciniglia tartaruga, mentre il pino marittimo e il pino d’Aleppo sembrano in grado di resistere.

SARA’ UNA QUESTIONE DI LINFA? Il pino domestico che segna con la sua presenza il paesaggio romano nei parchi archeologici e lungo le litoranee è in serio pericolo, determinando la principale emergenza fitosanitaria della capitale. Tutti i dati raccolti mostrano una preoccupante velocità di espansione sul territorio. La trasmissione avviene attraverso il contatto chioma-chioma e per l’azione del vento (le femmine non hanno ali) che trasporta gli insetti da un’area all’altra. Come si sta intervenendo? Le linee guida del Ministero dell’agricoltura e dei Servizi fitosanitari per il contenimento della diffusione del parassita propongono una serie di interventi che arrivano fino all’abbattimento degli alberi più colpiti. Ma le esperienze passate dimostrano che le soluzioni drastiche nelle patologie vegetali non risolvono il problema. Così come vanno evitati i trattamenti aerei a base di insetticidi, perché produrrebbero la morte dei predatori naturali della cocciniglia. Inoltre, l’altezza delle piante e la loro localizzazione in parchi pubblici non consentono questo tipo di intervento. In questi anni l’uso massiccio di pesticidi ha inciso profondamente sulle popolazioni di coccinelle, che sono i principali predatori degli insetti fitofagi.

LE INIZIATIVE DI QUESTI MESI a Roma da parte di associazioni e comitati di quartiere, con i quattro Coccinella day, vogliono ribadire la necessità di far ricorso alla lotta biologica per controllare la cocciniglia tartaruga, evitando gli abbattimenti e gli insetticidi. Il predatore naturale che mostra di essere in grado di controllare con efficacia il parassita è la coccinella della specie Cryptolaemus montrouzieri, già impiegata contro la cocciniglia degli agrumi. Ma la lotta biologica per avere successo richiede interventi tempestivi e coordinati da parte dei Centri di ricerca e dei Servizi fitosanitari, con delimitazioni delle aree colpite e sperimentazioni sul territorio. I risultati non sono immediati perché le popolazioni dei predatori naturali devono raggiungere un grado di presenza sufficiente a contrastare il parassita, ma sono risolutivi. Attualmente sono i trattamenti endoterapici a mostrare una discreta efficacia e a rappresentare l’alternativa all’impiego di insetticidi per via aerea. Si praticano dei fori nel tronco e si iniettano le sostanze curative e biostimolanti direttamente nel sistema linfatico della pianta che, sfruttando il flusso xilemico, le trasporta nella chioma dove sono presenti i parassiti. Sono diverse le sostanze impiegate per via endoterapica, dagli oli minerali bianchi all’abamectina, un insetticida in grado di diffondersi nei tessuti vegetali e inibire l’attività delle cocciniglie. Siamo in una fase in cui si cerca di individuare le sostanze più efficaci e a minor impatto ambientale e i periodi di somministrazione.