Una riflessione politica in due tempi.

Primo tempo. Nel Consiglio dei ministri, com’è noto, la proposta di Draghi di esentare dal taglio dell’Irpef i redditi oltre i 75mila euro, per un contributo di solidarietà alle fasce più basse, è stata respinta.

Nonostante l’iniziativa partisse dall’auterovolissimo presidente del Consiglio, la destra ufficiale ha fatto muro insieme alla destra mascherata di Italia viva. Il Pd, il partito che la pubblica vulgata definisce( per pura inerzia) di sinistra, ha abbozzato. Quando si tratta di redistribuire la ricchezza in Italia gran parte del ceto politico solleva al cielo gli scudi e non si passa. Basta tirare fuori lo spaventevole termine di patrimoniale e tutto si blocca. Quell’episodio tuttavia non è che un frammento della storia d’Italia degli ultimi 20 anni, nel quale si riassume la causa delle cause del declino italiano e la pietrificazione del sistema politico.

La disuguaglianza sociale, alimentata e resa cronica dal sistema fiscale, non è solo un’espressione di ingiustizia, ma blocca e fa regredire l’intero apparato pubblico del paese. Mentre la ricchezza privata delle famiglie si accresce e permane la più elevata al mondo- come ricorda periodicamente la Banca d’Italia – il paese lesina risorse pubbliche alla scuola, all’Università, ai comuni, alla sanità, alla Pubblica Amministrazione, al territorio, al Mezzogiorno. Cose note. E sappiamo anche dai dati Ocse – lo ha ricordato Marco Revelli su queste pagine – che il nostro è l’unico paese dei 23 più industrializzati dove, tra il 1990 e il 2020, i salari operai sono diminuiti del 2,9%. Un dato rimanda più decisamente al versante partitico-sindacale. Ai lavoratori italiani non è stata data la possibilità di esprimere in conflitto organizzato la rabbia per la loro prolungata regressione sociale.

Secondo tempo. In Calabria, dove alle recenti elezioni amministrative ha prevalso il candidato della destra, si è verificata tuttavia una novità ancora sottovalutata, il 16,5% di . Luigi De Magistris. Nessun leader al di fuori dei partiti aveva conseguito un tale risultato, ottenuto peraltro senza un soldo, con i media locali e nazionali contro o silenziosi, in un ambiente in cui i partiti hanno clientelizzato una parte estesa di società civile. Ma l’altra novità è che accanto a De Magistris si è formata una potenziale classe dirigente , ben rappresentata nelle liste: medici, ingegneri, sindaci, imprenditori, giornalisti. La parte più pulita, più competente, più dinamica della Calabria.

Durante la campagna elettorale, in appoggio a De Magistris – apparso come cuneo dirompente nel sistema dei partiti che paralizza da decenni la Calabria come l’Italia intera – si è formato un gruppo di intellettuali, dentro e fuori la regione, che ha dato voce e prospettiva ai problemi di questo territorio. Si tratta di una costellazione di economisti, storici, antropologi, sociologi, filosofi, che riescono ad avere una qualche influenza nei loro rispettivi ambiti e che soprattutto possono fornire al movimento di De Magistris una dimensione culturale e un orizzonte progettuale che i partiti nazionali non posseggono più da tempo. Dunque, l’ultima delle regioni italiane può diventare un laboratorio politico d’avanguardia.

Perché questo accada, tuttavia, occorrono molte condizioni, fra cui una sua proiezione almeno meridionale. Il laboratorio dovrebbe contagiare le regioni contermini e soprattutto porsi come polo di riferimento ideale per far rinascere il conflitto politico in Italia. Occorre saper leggere in profondità la condizione del paese e il momento storico. Il Pnrr non è che un progetto di “rivoluzione passiva”: distribuire danaro per ripristinare il processo di accumulazione capitalistica lasciando intatte le gerarchie sociali e di potere. Appare già chiaro che alla fine avremo un’Italia magari con un Pil in ripresa, ma cristallizzata nei suo squilibri di sempre, più lacerata e impoverita nei sui margini. Ma anche più divisa.

Nei piani del governo c’è la realizzazione dell’autonomia differenziata, lo smembramento del paese faticosamente unificato poco più di un secolo e mezzo fa. Se le sparse forze della sinistra, oggi impotenti, si accostassero a questo progetto aurorale con umiltà e volontà unitaria, non per fare una lista elettorale, ma per aprire campagne di mobilitazione e di lotta, il laboratorio Calabria potrebbe assumere una dimensione nazionale. Si può aprire una campagna in difesa, nientemeno, che dell’Unità d’Italia, si possono coinvolgere gli imprenditori dell’agricoltura biologica a cui viene negata un legge già pronta, gli insegnanti e gli studenti per l’assenza di investimenti e contro la scuola -azienda, che ancora si ritrovano il numero chiuso per l’accesso all’Università, i sindaci dei comuni cui la “riforma” fiscale nega ogni ruolo, i medici alle prese con risorse scarse, i tanti studenti universitari che pagano le tasse più elevate d’Europa e che dopo la laurea possono solo scappare dalle loro città. Hic Rhodus hic salta

Posta & risposta del 15 dicembre 2021

Piero Bevilacqua sbaglia, De Magistris a Napoli fallì

Ho letto con attenzione e interesse l’articolo del professore Piero Bevilacqua. Di solito condivido le sue opinioni. Questa volta non sono d’accordo con il professore. L’esperienza del voto in Calabria di De Magistris ha avuto un precedente circa 9 anni fa a Napoli proprio con De Magistris ed il suo movimento Dema. Quell’esperienza è stata un fallimento. A dirlo non sono io ma il responso delle urne e la fine di Dema. Forse riflettere sulle ragioni e le responsabilità di quella sconfitta sarebbe utile proprio oggi così da non percorrere strade sbagliate con falsi innovatori. Certo la disperazione per l’assenza della sinistra può far credere nelle false novità.
Andrea Amendola

Risposta

Rispondo alla garbata lettera di Andrea Amendola, dichiarando di non conoscere i fallimenti di De Magistris a Napoli di 9 anni fa. Io ricordo invece che nel 2011, contro tutte le previsioni e contro tutti i partiti, vinse le elezioni a sindaco di Napoli. Da sindaco, dopo anni di disastri, ha risolto il problema della spazzatura, resa pubblica l’acqua, restituito ai cittadini decine di parchi pubblici e spiagge prima impraticabili, concesso i diritti civili a coppie dello stesso sesso e ai loro figli, ecc. Essendo stato rieletto dai napoletani è difficile parlare di fallimento. Ma va considerato che l’amministrazione di Napoli ha un debito antico ed è priva di mezzi finanziari. Come tutti i comuni italiani, in Calabria, avendo contro il ceto politico più clientelare e infiltrato d’Italia, ha ricevuto il 16,5% dei consensi, non mi pare un fallimento. Oggi l’Italia ha una sola opposizione, quella della Meloni. Per fortuna si è finalmente mosso il sindacato. Dobbiamo aspettare Lenin per immaginare una iniziativa politica della sinistra? Recriminando per le rivoluzioni fallite si resta dove si è.
Piero Bevilacqua

Errata Corrige

Posta & risposta del 15 dicembre 2021

Piero Bevilacqua sbaglia, De Magistris a Napoli fallì
Ho letto con attenzione e interesse l’articolo del professore Piero Bevilacqua. Di solito condivido le sue opinioni. Questa volta non sono d’accordo con il professore. L’esperienza del voto in Calabria di De Magistris ha avuto un precedente circa 9 anni fa a Napoli proprio con De Magistris ed il suo movimento Dema. Quell’esperienza è stata un fallimento. A dirlo non sono io ma il responso delle urne e la fine di Dema. Forse riflettere sulle ragioni e le responsabilità di quella sconfitta sarebbe utile proprio oggi così da non percorrere strade sbagliate con falsi innovatori. Certo la disperazione per l’assenza della sinistra può far credere nelle false novità.
Andrea Amendola

Risposta

Rispondo alla garbata lettera di Andrea Amendola, dichiarando di non conoscere i fallimenti di De Magistris a Napoli di 9 anni fa. Io ricordo invece che nel 2011, contro tutte le previsioni e contro tutti i partiti, vinse le elezioni a sindaco di Napoli. Da sindaco, dopo anni di disastri, ha risolto il problema della spazzatura, resa pubblica l’acqua, restituito ai cittadini decine di parchi pubblici e spiagge prima impraticabili, concesso i diritti civili a coppie dello stesso sesso e ai loro figli, ecc. Essendo stato rieletto dai napoletani è difficile parlare di fallimento. Ma va considerato che l’amministrazione di Napoli ha un debito antico ed è priva di mezzi finanziari. Come tutti i comuni italiani, in Calabria, avendo contro il ceto politico più clientelare e infiltrato d’Italia, ha ricevuto il 16,5% dei consensi, non mi pare un fallimento. Oggi l’Italia ha una sola opposizione, quella della Meloni. Per fortuna si è finalmente mosso il sindacato. Dobbiamo aspettare Lenin per immaginare una iniziativa politica della sinistra? Recriminando per le rivoluzioni fallite si resta dove si è.
Piero Bevilacqua