Mentre a sinistra si discute se privilegiare la coalizione sociale rispetto all’aggregazione politica, se dentro questa Europa ci siano o no alternative di governo, se abbia ancora un senso la divisione tradizionale sinistra-destra o se non occorra guardare alle divisioni alto-basso, 1%-99% e così via, i tempi stringono e tra un mese potremmo trovarci con una nuova legge elettorale che stravolge la democrazia rappresentativa.

E se nel 1953, di fronte ad una legge che voleva premiare la coalizione che avrebbe raggiunto il 50% più uno dei voti, intellettuali e popolo scesero in campo per respingerla e l’opposizione del Pci trasformò il parlamento in un ring, oggi, di fronte ad una legge che darebbe la maggioranza assoluta ad un partito che raggiunge il 40% dei voti al primo turno, ma anche molto di meno purché vinca al secondo turno, gli intellettuali tacciono, le piazze sono vuote, ed il popolo appare frastornato.

Frastornato perché questa riforma la propongono gli eredi, anche se geneticamente modificati del Pci, perché i partiti a destra sono paralizzati dalla loro crisi e dall’essere stati complici del progetto, perché quelli a sinistra appaiono impotenti per la voce flebile di Sel e perché dentro il Pd la scelta del no magari all’ultimo momento o salta o raccoglie scarsi consensi. E frastornato per l’inefficacia del M5S nel cambiare i rapporti di forza, anche se sulla legge elettorale ha mostrato qualche disponibilità.

Eppure qualcosa si muove e da organi di stampa come il Corriere e Repubblica si alzano con forza crescente voci critiche e preoccupate. Dobbiamo lasciare solo nelle mani dei liberaldemocratici la difesa estrema delle ragioni della democrazia? Dobbiamo lasciarci paralizzare dall’affermazione che poiché Renzi non è Mussolini e la legge la propone il Pd non ci sono pericoli per la democrazia? Le leggi elettorali sono una cosa seria, si fanno per durare, per chi c’è oggi e per chi potrebbe esserci domani e senza dimenticare che le stesse persone di oggi possono cambiare domani.

E se una legge attribuisce un premio con modalità e misure che non hanno eguali nelle democrazie europee, se questo meccanismo genera un presidenzialismo di fatto senza creare i contrappesi necessari ed anzi trasformando il senato in un organo dipendente dal governo di turno, questa legge va chiamata col suo vero nome: è una legge potenzialmente autoritaria, un rischio per la natura e la rappresentatività della nostra democrazia.

Allora è possibile uno scatto, un colpo di reni che eviti questo rischio? Possiamo lasciare fuori per il momento tante distinzioni tra partiti e movimenti, tra politica e società civile, tra popolo ed intellettuali ed anche quelle tra partiti stessi? È possibile creare un fronte democratico largo che intanto blocchi l’approvazione di questa legge? É possibile che i soggetti che oggi avvertono il pericolo si facciano promotori di un appello per dare vita ad una grande iniziativa nazionale? É possibile che questo appello venga rivolto al presidente della Repubblica che oltre che arbitro deve essere anche il garante dei principi costituzionali?

Intendiamoci non si tratta di fare un fronte del no a difesa dell’esistente. Si tratta di ricreare condizioni politiche per un dibattito vero, sereno ed approfondito, nel parlamento e nella società, per dare un assetto nuovo alle istituzioni. Un assetto che consenta una maggiore governabilità, risultato che si può ottenere o con un premio alla coalizione e meno scandaloso di quello previsto o con collegi uninominali piccoli che rafforzino la rappresentatività.

Un assetto che ridisegni la funzione delle camere e la loro modalità di elezione in modo che esse possano svolgere una funzione di controllo e di equilibrio di poteri di fronte alla maggiore concentrazione nelle mani dell’esecutivo.C’è qualcuno disponibile ad attivare questo fronte democratico?