Se a Messina è andata bene per gli avversari dell’Italicum, a Milano il ricorso che puntava a sollevare la questione di costituzionalità contro la nuova legge elettorale si è infranto sul muro del tribunale. Due giorni fa la giudice civile Martina Flamini ha respinto la richiesta di procedere contro la legge – accusata di ledere del diritto al voto libero, uguale, personale e diretto – sentenziando che i ricorrenti non avevano interesse ad agire. Eppure i ricorrenti sono in buona parte gli stessi – gli avvocati Aldo Bozzi, Claudio Tani ed Emilio Zecca – che tre anni fa riuscirono a portare davanti alla Corte costituzionale il Porcellum, poi abbattuto.
La giudice Flamini non ha neanche preso in esame i diversi argomenti dei cittadini-avvocati contro l’Italicum: il super premio di maggioranza senza soglia al ballottaggio, le liste ancora bloccate per i capilista, il fatto che la legge sia stata approvata con una procedura speciale diversamente da quanto previsto per le leggi elettorali. Non lo ha fatto perché ha sostenuto che i ricorrenti non sono interessati al giudizio, i loro diritti non sono minacciati in maniera «attuale» perché la nuova legge elettorale «non è ancora entrata in vigore». L’ha scritto più volte nella sentenza, la giudice, facendo sua la tesi dell’avvocatura dello stato – perché palazzo Chigi e il ministero dell’interno in questa causa hanno difeso la bontà della riforma. Eppure l’Italicum è in vigore dal 23 maggio del 2015 – com’è scritto nella Gazzetta ufficiale dove la legge è stata pubblicata. Anche se la sua efficacia è rinviata fino al primo luglio 2016 (la sentenza di Milano fa confusione e cita la data sbagliata del 10 luglio). Ma la legge c’è e ha già prodotto alcuni effetti, come l’esenzione dall’obbligo delle firme per alcune liste e la nuova geografia dei collegi elettorali.

Gli avvocati che hanno perso questa battaglia ricordano che sia la Cassazione che la Consulta, occupandosi del Porcellum, hanno stabilito che non occorre aspettare di essere concretamente lesi nel diritto al voto libero per poter agire, perché in materia di legge elettorale anche «uno stato di incertezza» determina «un pregiudizio concreto». In altre parole, se l’Italicum è incostituzionale, sarebbe possibile – e sarebbe bene – saperlo prima di andare a votare, così da evitare i problemi causati dalla cancellazione del Porcellum a parlamento già eletto (e per tre volte). «Proveremo a fare ricorso direttamente in Cassazione», dice l’avvocato Tani, indicando la procedura prevista in caso di falsa interpretazione di norme di diritto. Ma occorre che l’avvocatura dello stato sia d’accordo.
L’efficacia rinviata dell’Italicum (fino al prossimo luglio la legge elettorale in vigore è ancora quello che rimane del vecchio Porcellum dopo ti tagli della Consulta) fu concessa da Renzi a Berlusconi, quando il patto del Nazareno era ancora solido. Il Cavaliere temeva il voto anticipato, in più la nuova legge riguarda la camera e non il senato e dunque può funzionare solo dopo la riforma costituzionale (che deve passare per il referendum).
Nell’unico ricorso contro l’Italicum fin’ora accolto – dei circa venti che sono stati presentati in tutta Italia -, quello di Messina, la questione dell’efficacia differita della legge era stata già esaminata ma superata proprio in ragione delle precedenti sentenze della Cassazione e della Consulta. Dunque la nuova legge elettorale arriverà in ogni caso davanti ai giudici costituzionali (e prima o poi anche altri tribunali dovranno esprimersi). Non si può dire però che i ricorrenti, tra i quali in prima fila c’è l’avvocato Felice Besostri, siano ottimisti: la Consulta potrebbe anche non ammettere la questione di costituzionalità. I problemi di diritto sono in larga parte gli stessi rispetto alla vittoria contro il Porcellum. Ma i tempi sono cambiati.