Le condizioni di salute della giustizia sono monitorate, da almeno 30 anni, anche grazie a parecchie associazioni della società civile. Prima fra tutte, Cittadinanzattiva, nata nel 1978 a tutela dei diritti del cittadino (celebre la creazione del Tribunale dei diritti del malato). Grazie alle segnalazioni che, a migliaia, giungono ogni anno, Cittadinanza attiva è in grado di indicare agli operatori quali sono di volta in volta i punti nevralgici nella catena di debolezze che avvolge l’intero sistema.

«Benché gli aggiornamenti siano attualmente in lavorazione, le segnalazioni indicano che le tendenze sono confermate, che i problemi restano grosso modo identici agli anni passati e perciò diciamo che il primo nodo, in testa alla lista, è ancora e sempre quello dei costi. I cittadini lamentano innanzitutto l’aumento dei costi della giustizia«, dice Laura Liberto.

Quello dei costi è un tasto dolentissimo, sulla cui gravità concordano moltissimi dei soggetti interessati, avvocati compresi. Non solo negli ultimi anni è stata aumentata la cifra da versare per il contributo unificato (tassa per l’accesso), ma si è aumentata persino la marca da bollo (da 8 a 27 euro) per i diritti di cancelleria. E si sta introducendo il versamento anticipato del contributo unificato previsto nel giudizio di appello se si vogliono le motivazioni per esteso della sentenza (sfavorevole, ovvio) di primo grado. «Il secondo posto, in una ipotetica classifica dei guasti, spetta sicuramente alla lentezza dei processi che genera un’incertezza sui tempi dannosa per il singolo ma anche per l’economia», continua Liberto. I tempi dei processi civili non sono soltanto lunghi, ma sono addirittura in crescita, secondo un recente studio del Cnf (sono passati da 5,7 anni del 2005 ai 7,4 del 2011).

Le ragioni di tanta lentezza sono molteplici, secondo Cittadinanzattiva: il fenomeno delle liti temerarie, il cosiddetto «abuso del processo» e anche lo spaventoso arretrato che pende sul capo della giustizia italiana, valutato in milioni di fascicoli. Le proposte sono quelle di creare apposite sezioni composte da magistrati in pensione (e avvocati, cancellati però dall’albo), di richiamare alle funzioni giurisdizionali tutti i giudici distaccati presso il ministero e altri uffici pubblici, con il divieto di assumere incarichi esterni finché non si sia raggiunto «uno standard di funzionamento pari a quello degli altri stati della Ue» (proposta che recupera risorse umane a costo zero). Ancora in funzione di una riduzione dei tempi processuali si suggerisce di semplificare e ridurre i riti (e cioè i modi in cui si comincia, si svolge e si conclude una causa davanti al giudice), che da noi sono forse troppi, oltre a una contrazione drastica dei giorni concessi per ognuna delle varie tappe previste (intervalli fra le udienze, deposito degli atti, precisazione delle conclusioni, etc). Al terzo posto, i cittadini che si rivolgono all’associazione, pongono la difficoltà di comunicazione con i difensori. Eh sì, gli avvocati non se ne abbiano a male ma i loro clienti sono spesso quantomeno seccati a proposito del cattivo stile di rapporti che i loro legali intrattengono. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di frizioni motivate dalle incomprensioni circa le difficoltà e i tempi tecnici del processo, a volte arrivano sul tavolo dell’associazione veri e propri casi di assistenza legale non corretta.

Quanto alla sostanza, la parte preponderante delle segnalazioni riguarda le lesioni dei diritti e, soprattutto, la malasanità.
Nel prossimo futuro, Cittadinanza attiva conta di aprire un canale che porterà le iniziative di tutela fino alle corti europee, anche con la proposta di singoli casi.