Piero Fassino, tirato per la giacca, ha sciolto la riserva una settimana fa, nei giorni della Leopolda. Salvo dalle rottamazioni renziane, spera nella riconferma a sindaco di Torino e «di completare il cambiamento iniziato». Rispetto a cinque anni fa si trova orfano dell’ala di sinistra della sua vecchia maggioranza, che si è radunata attorno a Giorgio Airaudo, storico sindacalista Fiom, ora deputato di Sel.

Mentre la candidatura del centrodestra è in alto mare, la maggiore insidia per il futuro di Fassino arriva dai Cinque stelle che hanno candidato Chiara Appendino, apprezzata consigliera comunale, incubo del sindaco nell’ultima legislatura. «Lei si segga su questa sedia e vediamo se sarà capace di fare quello che auspica», disse durante una discussione sul bilancio, infastidito dal pungolo dell’esponente M5s, evocando la sua prima infelice profezia, quella del 2009 quando dichiarò: «Grillo fondi un partito e vediamo quanti voti prende».

Airaudo ha deciso di percorrere la città a piedi per realizzare così una mappa della città e dei temi e per costruire il percorso programmatico di «Torino in comune» dal titolo della sua campagna, che ieri ha fatto tappa al Bunker, Nord della città, la parte più sofferente della metropoli sabauda. Gli spazi del Bunker, ora centro culturale, artistico e ricreativo – sono compresi fra il quartiere di Barriera di Milano e lo Scalo Ferroviario di Vanchiglia, dismesso dagli anni Ottanta. È uno dei «vuoti» di Torino, come li chiama Airaudo, ovvero fabbriche e luoghi abbandonati, scelti come isole del suo cammino. Qui, ci si ritrova e si discute divisi in gruppo di lavoro sulla Torino che sarà, partendo da un’analisi della crisi che ancora morde la città più impoverita del nord Italia. I tavoli hanno al centro paradossi e contraddizioni, che appaiono in ciascun ambito: dalla sostenibilità alla cultura, dal welfare municipale alle trasformazioni del territorio e alla sfida dell’economia locale.

La campagna di «Torino in comune» è un viaggio di prossimità, piccoli incontri spesso in case delle persone. «Cinque per mille»: con non più di cinque persone e mille in tutto. «Ne abbiamo già svolti cinquanta. L’obiettivo è la ricostruzione di una comunità, un tema fortissimo in cui credo», spiega Airaudo. «Non basta mettere in sicurezza il debito; non promuovendo politiche sociali e investendo risorse ci rimettono i ceti più deboli, quelli per cui l’intervento pubblico è indispensabile».

La sinistra si ritrova unita o quasi. Airaudo ha dalla sua Sel, Rifondazione, l’Altra Europa e vari pezzi sociali: «Anche i Verdi guardano con interesse al progetto». Quasi, perché è in campo l’idea di una «lista di sinistra» a sostegno di Fassino: regista dell’operazione, che vedrebbe il favore di una parte di Sel, l’assessore al bilancio Gianguido Passoni, per cui «la stagione di progresso e di rinascita che ha vissuto la nostra Città negli ultimi anni» debba essere protetta e rilanciata».
Airaudo bolla il tentativo come «civetta». E descrive Torino come una «città sorpresa dalla crisi durante una transizione incompiuta». Ovvero? «Non più manifatturiera, ma senza aver sostituto la manifattura; le varie suggestioni dalla cultura al terziario non hanno risolto problemi torinesi. E, spesso, dietro i banconi della movida ci sono giovani che lavorano con voucher o in nero, resi più deboli dal Jobs Act».