Il percorso di Massa critica comincia il 5 settembre 2015 all’ex Asilo Filangieri: il punto di partenza è stata l’ammissione di non autosufficienza da parte di tutte le componenti che animano le tante occupazioni in giro per Napoli, circa una trentina tra luoghi rifunzionalizzati per chi è in emergenza abitativa, mense occupate, ambulatori popolari, luoghi di produzione di cultura e di aggregazione sociale. Da lì ha preso il via un lavoro collettivo per cercare di conoscere una città che, in dieci anni di crisi economica, ha perso popolazione, scendendo sotto il milione di abitanti, è precipitata nelle classifiche nazionali sul reddito ed è alle prese con un tessuto urbano in via di trasformazione. Sul sito di Massa critica si trovano alcuni dati: a Napoli il tasso di disoccupazione è del 24,6%, il doppio rispetto alla media nazionale; la disoccupazione giovanile in Italia è al 44%, in Campania al 61%. Il numero dei neet (persone non impegnate nello studio né nel lavoro o nella formazione) è al 26%, mentre in Campania è al 36%.

Il metodo di lavoro scelto è stato l’Ost – Open Space Technology cioè una tecnica di gestione di incontri, assemblee, workshop, che è servita a sviluppare un confronto partecipato attraverso le piattaforme social e ha messo in connessione differenti saperi (per info www.massacriticanapoli.org). Sono nati quattro tavoli di lavoro: democrazia, autogoverno, nuove istituzioni; lavoro, reddito e finanza pubblica; cultura, formazione ricerca; ambiente, territorio e diritto alla città. Dalla necessità di radicare analisi e discussione nei territori sono nate poi le assemblee delle municipalità, in particolare nella Seconda (Centro storico e Materdei), a Bagnoli, Scampia e Chiaiano. «Nel ‘900 – spiega Nicola Angrisano – i partiti hanno avuto la funzione di connettere la società alle istituzioni, oggi i corpi intermedi sono saltati. Anzi i partiti utilizzano il loro potere come luogo di scambio clientelare mentre le istituzioni sono completamente separate dal controllo del corpo elettorale. La via d’uscita non è una nuova forma di partito ma connettere le istituzioni alle assemblee popolari, luogo di democrazia orizzontale e anche di crescita culturale per chi abita il territorio».

Dal tavolo sulle nuove istituzioni, a cui hanno lavorato professori di diritto, sindacalisti e i circa 400 abitanti del centro storico che hanno partecipato all’elaborazione, è nato lo strumento delle Assemblee territoriali. Sul sito di Massa critica ci sono i riferimenti ideali (dalla Costituzione della Repubblica Partenopea del 1799 alla Carta del Contratto Sociale del Rojava – Siria, alla Costituzione Bolivariana del Venezuela), il percorso comincia con l’istituzione, nei primi cento giorni dell’amministrazione cittadina eletta il prossimo giugno, di un Osservatorio con il compito di definire in modo partecipato il quadro normativo entro cui riconoscere le Assemblee popolari.

Le assemblee saranno luoghi di prossimità con funzione deliberativa e di indirizzo politico, dove la comunità decide su: forme d’uso e governo dei beni comuni, difesa del patrimonio e del paesaggio; emergenze sociali, abitative e i diritti fondamentali; urbanistica partecipata e vivibilita. Decisioni che poi dovranno essere recepite dal Consiglio comunale. Assessori, funzionari dell’amministrazione e membri delle assemblee popolari avranno il compito di portare a compimento legislativo gli indirizzi politici e le proposte normative che provengono dalle assemblee popolari mediante regolamenti, delibere e atti amministrativi da proporre al consiglio comunale e alla giunta. «Bilancio partecipato – prosegue Nicola Angrisano -, municipalismo, riforma degli statuti e della città metropolitana, gestione del patrimonio pubblico, diritti sociali, civili e politici, modifiche al Piano regolatore: i processi che riguardano la città coinvolgeranno la città».

Di fonte a questioni complesse si potrà utilizzare l’Audit pubblico. Massa critica ha già in corso un audit sul porto di Napoli, commissariato da tre anni. Esperti in vari ambiti si riuniscono periodicamente per sviluppare il lavoro di conoscenza che porterà poi in modo trasparente alle valutazioni finali, con le quali giudicare poi le manovre del governo e della politica. «Si tratta di radicare nei quartieri la conoscenza e la consapevolezza di quanto viene deciso nelle stanze del potere, bloccare il ricatto del debito pubblico che sta portando allo smantellamento dei servizi pubblici. Fermare operazioni come quella in atto a Bagnoli con il governo che, attraverso lo Sblocca Italia, sottrae il territorio al controllo democratico». Percorsi e proposte saranno sottoposte a un’assemblea pubblica il 21 maggio a piazza San Domenico, parteciperanno il sindaco in carica, realtà di movimento italiane ma anche dalla Spagna e dalla Francia.