L’ufficio nazionale di statistica ha rilasciato i dati economici che dimostrano una crescita del 6,9, la più bassa da 25 anni, ma in linea con le aspettative del governo. Come al solito di fronte a questi dati ci si è divisi in due fazioni: chi urla alla tragedia, a causa del rallentamento dell’economia mondiale (soprattutto i media e gli analisti occidentali) e chi invece ha una posizione più sfumata, poiché i dati presentati, tutto sommato, erano quelli attesi.

Infatti la Borsa cinese e quelle asiatiche hanno reagito positivamente ai nuovi numeri rilasciati da Pechino, anche in virtù delle voci di un nuovo intervento economico del governo.

Il dato conferma quanto sapevamo: la «nuova normalità cinese» si basa sulla diminuzione delle esportazioni e sul rallentamento delle importazioni della cosiddetta «fabbrica del mondo», in favore di un’economia trainata dai servizi.

Dai risultati di queste due tendenze, si arriva al dato di crescita del 6,9. I tecnici cinesi avevano previsto un dato «intorno» al 7 per cento. Il numero presentato, il 6,9 fa parte di un insieme di dati sui quali è bene in ogni caso soffermarsi: negli scorsi anni è stato addirittura il premier cinese Li Keqiang a metterli in dubbio (definendoli hand made datas a sottolineare lo zelo con il quale i funzionari delle province e delle regioni cercano di avvicinare la realtà ai desiderata pechinesi): i numeri che escono dall’ufficio di statistica cinese – infatti – non sono credibili al 100 % perché c’è il forte sospetto che siano «ritoccati» per apparire meno dannosi. Non a caso il Fondo monetario internazionale per non sbagliarsi prevede una crescita della Cina nel 2016 «intorno» al 6,3 per cento.

Altro dato rilevante: il settore dei servizi (all’interno dei quali rientrano anche assicurazioni sanitarie e altre voci e anche in questo caso sarebbe bene attendere ulteriori delucidazioni dall’istituto pechinese) sarebbe cresciuto al 50,5, un bel salto dal 48,2. Si tratta senza dubbio del dato – tra quelli presentati – più interessante perché conferma quanto desiderato dalla dirigenza cinese: trasformare la propria economia da un modello basato su investimenti statali e le esportazioni, ad uno basato sui servizi e gli investimenti privati.

La nuova normalità dovrebbe essere esattamente questo. Il rallentamento dunque, dovrebbe essere un elemento da tenere in considerazione per agevolare il passaggio storico, rosicchiando via via posizioni di dominio alle aziende di Stato. A questi dati, infatti, non può non affiancarsi la terribile campagna anti corruzione che ha continuato a mietere vittime.

Vediamo quindi i dati nello specifico: la crescita annuale della Cina è scesa al 6,9%. Si tratta del livello più basso dal 3,8% del 1990 (ma di mezzo c’erano le sanzioni dopo la Tiananmen).

Il dato ottobre-dicembre è stata la crescita trimestrale più bassa dalle conseguenze della crisi finanziaria globale, quando l’espansione dell’economia si accasciò al 6,1% nel primo trimestre 2009 (la crescita del trimestre luglio-settembre 2009 fu del 6,9%).

La crescita degli investimenti in fabbriche, abitazioni e altri beni immobili, si sarebbe indebolita al 12% nel 2015: un calo di 2,9 punti percentuali rispetto al 2014. Le vendite al dettaglio sono cresciute del 10,6%, rispetto al 12% registrato nel 2014.

Le esportazioni di dicembre si sono ridotte dell’1,4% rispetto all’anno precedente, mentre le esportazioni sono diminuite del 7,6% su base annua. La spesa per il commercio online è cresciuta del 33,3% rispetto al 2014. La crescita è stata in linea con le previsioni del settore privato e l’obiettivo ufficiale del Partito comunista di circa il 7% annuo.

Pechino ha risposto al calo della crescita tagliando i tassi d’interesse sei volte da novembre 2014 e varando misure per aiutare gli esportatori e altre industrie.

Le preoccupazioni relative al calo della Cina dovrebbero preoccupare molto di più i dirigenti di Pechino, perché la Cina sembra avere ancora benzina per fare da locomotiva. Diverso è il discorso interno. Bisognerà vedere se questo calo, minimo ma importante, sarà attutito internamente o finirà per creare quelle condizioni di protesta sociale in grado di mettere in discussione la «nuova normalità» pechinese.