Nel 2018 avrà termine la crisi coreana? È questa la domanda che ci si pone dopo un anno vissuto pericolosamente nella penisola coreana. I test missilistici di Pyongyang durante l’anno appena trascorso, compreso quello nucleare di settembre, hanno lasciato il mondo con il fiato sospeso.

E non ha aiutato molto la situazione l’atteggiamento di Donald Trump che, anziché cercare di sostenere la via diplomatica proposta da Pechino, ha continuato a minacciare interventi militari facendo orecchie da mercante alle richieste di Pechino; la possibilità di superare la crisi, infatti, dipende molto dai «due no» posti da Xi Jinping: «no» alla proliferazione nucleare nord coreana e «no» al sistema antimissile americano a Seul. Negli ultimi mesi di quest’anno gli incontri e le «aperture» fanno sperare in una soluzione negoziale alle porte.

Alla Cina serve un’Asia pacificata, senza tensioni, in modo da poter muovere al meglio le leve del proprio nuovo ruolo «globale». Il 2018 infatti sarà l’anno di spinta massima sul progetto di «Nuova via della Seta», ovvero la globalizzazione con caratteristiche cinesi. La mastodontica idea è stata inserita nello statuto del partito comunista al recente congresso (il 19°) insieme al pensiero del presidente Xi Jinping: un uomo forte al comanda, il cui progetto – riportare la Cina al centro del mondo – è uscito addirittura rafforzato internamente, così come all’esterno grazie al lancio della Nuova via della seta effettuato a maggio a Pechino cui hanno preso parte centinaia di capi e rappresentanti di stato.