I fatti si susseguono, dalla notte di sabato alla serata di ieri, in un turbine di dichiarazioni, azioni e reazioni, che sembrano sempre di più portare il paese verso il baratro di una guerra civile. A questo si aggiungono fattori «esterni» che non aiutano certo un’eventuale soluzione diplomatica. L’agenzia ucraina Interfax aveva dato una breve notizia circa la presunta presenza di John Brennan, capo della Cia, a Kiev. E ieri è giunta la conferma da parte del portavoce della Casa Bianca, Jay Carney (che ha anche accennato alla possibilità di una telefonata tra Putin e Obama).

Secondo i media russi – che già avevano denunciato la presenza della Cia nei giorni della rivolta più dura di Majdan, radunati nel quartier generale dell’ambasciata americana – Brennan avrebbe convinto le autorità di Kiev a scegliere la strada militare contro i ribelli orientali. Kiev ha infatti optato per applicare «il regime antiterroristico» a Donetsk. «Sono terroristi le persone armate, fanatiche che ci tolgono la pace e l’ordine», ha dichiarato Taruta, un oligarca locale nominato governatore dalle nuove autorità di Kiev.

Nonostante i proclami di Majdan, i russofoni hanno continuato a occupare stazioni di polizia ed edifici governativi (ultima della serie Sloviansk), forti del fatto che gli ultimatum inviati da Kiev vengono superati dal tempo, ma senza alcun atto pratico capace di mettere in difficoltà i separatisti. Il governo di Majdan, per altro, è impantanato: da un lato non può richiedere lo stato d’emergenza nazionale che rischierebbe di far saltare per aria le elezioni presidenziali del 25 maggio, dall’altro ha emanato ieri sera un decreto – generale – per una risposta militare contro i separatisti orientali. Una decisione presa da un ondivago presidente ad interim Turchynov, che nel corso della giornata di ieri è riuscito a dichiarare alla televisione differenti versioni circa le intenzioni di Kiev.

Altra questione da mettere in conto per il governo Yatseniuk è la difficoltà delle proprie forze di polizia a controllare quanto accade ad est. Ieri Viaceslav Ponomariov, che fa le veci del sindaco Nelia Shtepa, che avrebbe abbandonato la città di Sloviansk ha dichiarato che «la polizia è dalla nostra parte. Ha iniziato a pattugliare le strade con i cosacchi e alle forze di autodifesa». Anche per questi motivi, sono saltate numerose teste, non ultimo il capo dei servizi segreti, nominato a propria volta dal neo governo di Majdan a inizio marzo; l’accusa è di sabotaggio o di scarsa reazione a quanto vanno facendo i filo russi. Quest’ultimi sono coadiuvati da uomini armati di tutto punto, in grado di muoversi con determinazione. Secondo Kiev, gli Usa, gran parte della Nato e della Ue, sono militari russi. Secondo Mosca, ovviamente, non è così.

Tutta questa girandola di eventi ha portato il governo centrale a prendere la decisione di usare i militari, scelta che comporta un ulteriore rischio, ovvero testare la preparazione dell’esercito ucraino. Si diceva di Turchynov, il presidente ad interim; prima di prendere la decisione, con un decreto, circa l’intervento militare (sempre avvenga), ieri aveva anche lasciato aperto uno spiraglio particolarmente importante, data la posta in palio.

Se la Nato continua ad accusare la Russia, a Kiev hanno molto chiaro quanto già Yanukovich ha provato a fare in passato: stare in mezzo al guado, provare a prendere da tutti, senza potersi permettere di snobbare la Russia (come dichiarato di recente anche da Yatseniuk). Ed ecco la proposta di ieri del presidente ad interim: Turchynov non ha escluso la possibilità di tenere un referendum nazionale sull’ordinamento statale del Paese – federale o meno – nello stesso giorno delle presidenziali, fissate per il 25 maggio. «Sono certo – ha detto – che una larga maggioranza di ucraini, a questo referendum che potrebbe tenersi insieme alle elezioni presidenziali, sarà a favore di un’Ucraina indivisibile, indipendente, democratica e unitaria».

Questa mossa potrebbe rendere meno irosi i russi, che da tempo spingono per una soluzione federalista, in grado di mantenere un’area di influenza. Turchynov avrebbe anche telefonato a Ban Ki-moon: «L’Ucraina – avrebbe detto al segretario dell’Onu – non è contraria ad un’operazione congiunta antiterrorismo con le forze di peacekeeping.Infine, ennesimo screzio Usa- Russi riguardo il volo di un aereo militare russo, accusato di aver provocato i militari Usa a bordo della Donald Cook, un cacciatorpediniere nei pressi del Mar nero.

«Questa azione russa provocatoria e poco professionale è incompatibile con i protocolli e gli accordi internazionali» che regolano i rapporti tra gli eserciti dei nostri due Paesi. Lo ha denunciato il colonnello Steven Warren, uno dei portavoce del Pentagono, ricordando che il caccia russo ha sorvolato la nave americana ben 12 volte.