Alla fine padre Wojciech Lemanski ha dovuto capitolare al diktat dell’arcivescovo di Varsavia. Mercoledì mattina si è presentato sul pulpito della chiesetta di Jasienica, un piccolo villaggio nei pressi di Varsavia, per quello che sarebbe stato il suo ultimo sermone di fronte i suoi fedeli. Magro, con i capelli grigi tagliati corti, nelle ultime settimane il prete carismatico ha conquistato la ribalta delle cronache, diventando un personaggio dal forte appeal mediatico. «Il pastore Lemanski contro la Curia», titolavano i giornali, mentre in tv il suo nome rimbalzava da un talk show all’altro.
Lemanski, 53 anni, ha preso i voti nel 1987 e di certo non è mai stato un prete compiacente verso le gerarchie ecclesiastiche, usando il pulpito e il suo blog per esprimere la sua critica pungente nei confronti della chiesa polacca. Il prete ribelle ha esplicitamente accusato l’episcopato di non fare abbastanza per contrastare le tendenze antisemite di una buona fetta dei cattolici polacchi, e ha fortemente criticato anche il trattamento indulgente della curia verso quei chierici accusati di abusi sessuali. E per finire si è scagliato contro il rifiuto della fecondazione artificiale e dei contraccettivi tanto demonizzati dai vescovi.
Era facile intuire che quelle parole sarebbero arrivate subito alle orecchie del potente arcivescovo di Varsavia, Henryk Hoser, 70 anni, il quale immediatamente prende carta e penna e ne ordina la sospensione dall’attività pastorale. «Mancanza di rispetto e disobbedienza» è l’accusa del vescovo, sottolineando come le critiche di Lemanski «abbiano causato gravi danni e confusione nel cuore della comunità ecclesiale». Tutto ciò la scorsa settimana. Lemanski, però, non si fa intimidire e a sorpresa risponde con una lettera al mittente informandolo che non ha alcuna intenzione di muoversi. Apriti cielo. Domenica 14 luglio, Hoser invia tre emissari alla chiesetta di Jasienica con l’intento di riportare «sulla retta via» il prete ribella ma ad accoglierli fuori dalla chiesa ci sono i fedeli inferociti che circondano minacciosi la macchina degli emissari gridando «questa è la nostra parrocchia». I tre non hanno potuto fare altro che risalire in auto e ritornarsene a Varsavia prima che la situazione degenerasse. Potete ben immaginare come i media polacchi si sono fiondati sulla notizia: «Lemanski, il nemico numero 1 della chiesa». Ma dopo il duro botta e risposta con l’arcivescovo e nonostante il supporto dei suoi parrocchiani, il sacerdote decide di «rassegnare le dimissioni», pur considerando la decisione di Huser «ingiusta». Ed ecco quindi che mercoledì, dopo aver celebrato la messa, ha impacchettato le sue cose e ha lasciato la canonica. Ha detto che aspetterà la decisione del Vaticano per quanto riguarda la sua disputa con l’episcopato polacco ed augura buon lavoro al suo successore.
L’intera vicenda, che è al centro del dibattito pubblico e ha visto la discesa in campo di intellettuali, politici e teologi, sta mettendo in evidenza quanto sia lontana la chiesa cattolica polacca dal sentire comune dei fedeli. La cattolicissima Polonia sta cambiando e con essa l’atteggiamento del 90% dei polacchi che si identificano nel credo di Santa romana chiesa. Sempre di meno partecipano alle funzioni religiose e per molti, la fede, è diventata una questione del tutto privata.
Durante l’occupazione nazista e successivamente sotto il regime comunista, la chiesa cattolica è stata considerata la vera protettrice dell’identità nazionale polacca, secondo la formula che chi era polacco era anche cattolico. Ma 24 anni dopo la caduta della cortina di ferro e nove anni dopo l’adesione della Polonia all’Unione europea, l’immagine pubblica del clero agli occhi dei fedeli polacchi (soprattutto i giovani) è prevalentemente negativa. Vescovi e sacerdoti sembrano più preoccuparsi di mantenere intatto il potere ritagliatosi negli anni del dopo Solidarnosc e non riescono a fornire risposte ai cittadini su questioni importanti come la fecondazione in vitro, la contraccezione, l’eutanasia e l’aborto. Nei piccoli centri e nelle campagne, la chiesa mantiene ancora un ruolo di primo piano nel regolare la vita di tutti giorni. Ma nelle grandi città come Varsavia e Poznan la gente comprende sempre meno una chiesa che vieta l’inseminazione artificiale, vuole la donna ai fornelli e imbastisce crociate anti-gay. «Questa è una nuova tappa nel confronto tra una chiesa aperta e una chiusa», ha detto Stanislaw Obirek, teologo cattolico ed ex gesuita. «Lemanski è il simbolo della chiesa sotto il nuovo papa – continua in un’intervista all’Afp – uno più attento alle preoccupazioni di tutti i giorni del suo gregge e meno incline ad avallare i capricci delle gerarchie, intese come istituzioni autoritarie con poca o nessuna tolleranza per il dissenso».