Negli ultimi giorni di campagna elettorale in vista del ballottaggio per l’elezione del sindaco di Roma, la Cei – insieme alle associazioni collaterali – chiama, e Alemanno risponde, anzi si mette in piedi sull’attenti come un soldatino disciplinato di fronte agli ordini superiori. Ma i gruppi cattolici di base non ci stanno e denunciano sia «l’opportunismo» del sindaco uscente sia l’invadenza «clericale», amplificata dall’house organ dei vescovi, il quotidiano Avvenire.

La miccia l’aveva accesa domenica scorsa un cartello di associazioni cattoliche fedeli ai «principi non negoziabili», dal Forum delle associazioni familiari al Movimento per la vita, dall’Agesc (associazione genitori scuole cattoliche) alla Compagnia delle opere (braccio economico di Comunione e liberazione), da Alleanza cattolica di Alfredo Mantovano al Centro di orientamento politico del palazzinaro bianco – ma anche un po’ nero – Gaetano Rebecchini.

Paginone di Avvenire che pubblica il «Manifesto per Roma» con le richieste ai candidati: sì al finanziamento alle scuole cattoliche, no ai registri per il testamento biologico e le unioni civili omosessuali. Sono temi «di assoluta rilevanza» sui quali «non si può tacere», affermano le associazioni che, forse pensando a Pio IX, chiariscono: «Roma è prima di tutto la sede del papato e ha un significato e un ruolo che va oltre quello di capitale d’Italia», chiunque sarà il sindaco «deve essere consapevole del peso del popolo cristiano».

«Alemanno ci sta, Marino lo snobba», rilancia due giorni dopo Avvenire, che pubblica l’adesione entusiasta di Alemanno al «Manifesto» e la presa di distanza, in nome del principio di laicità, di Marino, cattolico adulto molto vicino alle posizioni del card. Martini, con cui ha scritto anche un libro, affrontando con spirito libero molti temi etici, dal fine-vita agli embrioni, dai diritti civili all’omosessualità. Tanto è bastato al Pdl per tappezzare alcuni quartieri della città con manifesti inequivocabili: «Marino è contro la vita e la famiglia».

«L’opportunismo elettorale di Alemanno ha passato ogni limite ostentando, con la complicità di Avvenire, di condividere l’opinione di quei cattolici che sullo stesso giornale hanno lanciato l’ossequio ai cosiddetti valori non negoziabili come criterio valido per la scelta di un buon amministratore della città», replicano alcune riviste (l’agenzia Adista e il mensile Confronti) e gruppi cattolici di base, come la Comunità di base di San Paolo, il nodo romano di Noi Siamo Chiesa, gli omosessuali credenti di Nuova proposta, il Cipax.

Contestiamo «la pretesa di alcuni clericali a proporsi come rappresentanti dei cattolici, la maggioranza dei quali non è disposta a scambiare con qualche bella dichiarazione, o magari con qualche sussidio in più agli asili confessionali, il diritto-dovere di valutare l’operato di Alemanno sulla base dei pessimi risultati dei 5 anni della sua amministrazione». Credevano, aggiungono, «che i primi segni di papa Francesco avessero indicato che la cura degli interessi generali della società non deve in nessun caso essere barattata con il mercimonio di qualche favore offerto da politici inefficienti e corrotti».

La «laicità delle istituzioni» va difesa proprio dai cattolici, che anzi devono «cessare di essere lo schermo dell’Italia corrotta».