Basta vedere sul piccolo schermo le immagini di Hitler ed ecco che aumentano vertiginosamente i numeri degli spettatori, questo ci dicono le statistiche. Questa volta Enrico Caria spiazzerà quel pubblico con un film costruito sui materiali dell’Istituto Luce a partire dal paradosso della storia costruita con i «se»: e se veramente fossero andati a segno i numerosissimi tentativi di eliminare fisicamente i dittatori dell’epoca?

Rinascono a nuova vita i reperti filmati, che si concentrano, dopo aver riepilogato i falliti attentati a Hitler, sull’avvincente vicenda di Ranuccio Bianchi Bandinelli, archeologo chiamato a fare da illustre guida dei musei e delle antichità al seguito della visita di Hitler in Italia nel maggio del 1938. Sembrerebbe impensabile dare una svolta umoristica a questi eventi, ma Enrico Caria è un vero esperto dell’humour noir, autore di film come 17, Vedi Napoli e poi muori, L’era legale, Carogne, sceneggiatore e autore di polizieschi (l’ultimo, Indagine su un mago senza testa).

Così ci accompagna con grande serietà lungo quel viaggio compiendo sterzate non in conflitto con l’epoca di cui si sta parlando: lo sono i disegni a fumetti che punteggiano le autentiche riprese, la stessa voce che commenta i fatti in prima persona (è Claudio Bigagli a dare l’intonazione fiorentina dalle pagine liberamente utilizzate del libro autobiografico di Bandinelli Il viaggio del Fuhrer in Italia, ed. e/o), lo stesso sorprendente andamento musicale (Pivio e Aldo De Scalzi, Daniele Sepe).

Lo studioso, come altri intellettuali dell’epoca (Bandinelli fu liberale crociano e poi comunista) possedeva grande senso critico e sapeva cogliere ogni aspetto grottesco e umoristico delle situazioni, non che ne mancassero, come i commenti del «grande artista» Hitler, contrapposto al disinteresse di Mussolini per la materia, con il suo fluente tedesco dall’accento romagnolo. Ma Caria parte sempre dalla notazione arguta per far esplodere poi il disastro annunciato (l’apprezzamento del Fuhrer sarà il preludio ai furti delle opere nei Musei di tutta Europa, i due personaggi da operetta preludono a immani ecatombi). Il film ci fa partecipi di quella contiguità del professore con Hitler e Mussolini, sempre accanto al loro nell’automobile o nelle sale dei musei e soprattutto ci accomuna nella domanda che potrebbe farsi chiunque: che svolta avrebbe avuto la storia se fossero stati eliminati entrambi in un sol colpo in quel 1938?

C’era lo scopo e la possibilità, Bandinelli fu sedotto a lungo da quell’ipotesi, la valutò per molto tempo, ma di fronte alla sua inazione, si rese conto che a niente vale l’iniziativa individuale, se non deriva da una politica strutturata.