Il calendario delle mobilitazioni della Cgil diventa fittissimo, e ieri si è saputo che molto probabilmente culminerà con uno sciopero generale. Lo ha annunciato la stessa segretaria generale, Susanna Camusso, parlando a una platea piuttosto simbolica per la storia del lavoro italiano, quella dei delegati torinesi: «Stiamo preparando la mobilitazione del 25 ottobre, ci sono diverse iniziative – ha spiegato – Il 25 ottobre è la prima tappa di una mobilitazione che cresce e che determinerà le condizioni per uno sciopero generale». «Una tappa alla volta – ha poi aggiunto la numero uno del sindacato – cominciamo da qui».

Camusso è stata molto dura nei confronti del governo, e ha spiegato che la Cgil non ha abbandonato l’idea di poter modificare in meglio la delega sul lavoro, dopo l’ok ottenuto dal provvedimento in prima lettura al Senato. «L’approvazione della legge sul lavoro non ci fermerà – ha detto la segretaria – Il 25 ottobre sarà l’inizio di un lungo percorso sul quale ci saranno infinite provocazioni. Come è stata una provocazione convocare i sindacati e poi il giorno dopo mettere la fiducia»

Insomma, la Cgil ha letto come un affronto una convocazione partità già con la spada di Damocle della fiducia (il governo la sera prima dell’incontro in Sala verde aveva dato l’autorizzazione) e la votazione avvenuta poi, con un “prendere o lasciare” al Parlamento, neanche 48 ore dopo. Il tutto su temi che toccano da vicino i diritti, e su cui appare quindi piuttosto ardito decidere con il mezzo di una delega in bianco nelle mani del solo esecutivo.

Inaccettabile. Camusso ha deciso quindi di prendere di petto proprio Matteo Renzi, aggiungendo peraltro una piccola autocritica: «È stato scortese ma legittimo che qualcuno ci domandi noi dove eravamo in questi anni – ha detto riferendosi alle parole del premier – Ci dica lui dov’era». «Noi – ha proseguito – eravamo su frontiere che neanche immagina, a combattere il caporalato e davanti ai cancelli delle fabbriche. Non c’è dubbio che abbiamo fatto troppo poco perché abbiamo sperato che le leggi annunciate cambiassero davvero qualcosa. Il nostro errore è stato aspettare quel cambiamento».

Detta con altre parole: se la politica ormai da mesi attacca frontalmente il sindacato (non solo Renzi e parte del Pd, ma anche Grillo in passato ha sparato pesanti bordate), dalle barricate della Cgil sembra essere arrivato il momento di concedere meno sconti al centrosinistra: dal governo che un tempo si sarebbe definito «amico», non sono arrivate le leggi attese, ma anzi al contrario si è scatenato un attacco alle tutele, e quindi si manifesta, si contesta.

E non sono idilliaci – il che è piuttosto significativo nella moderna geografia politico/sindacale – neppure i rapporti con la sinistra del Pd, che pur di dimostrare «fedeltà» alla “ditta” (il Pd stesso e la tenuta del governo) ha deciso di mollare sostanzialmente la battaglia sull’articolo 18 (si parla di una revenge alla Camera, certo, ma francamente appare molto ardua). Carla Cantone, segretaria dello Spi (i pensionati, oltre la metà degli iscritti Cgil), ieri non è stata tenera con la minoranza dem, che pure ha sempre sostenuto con convinzione: «Quelli della minoranza Pd devono mettersi d’accordo con se stessi. Non puoi dire che non sei assolutamente d’accordo con le scelte del governo e poi dichiarare di votare la fiducia. Non è coerente. Allora è meglio stare zitti, che si fa una figura migliore». Da sottoscrivere.

Quindi scioperi, assemblee, volantinaggi, a tamburo battente: si dovrà riempire Piazza San Giovanni, e se possibile anche le vie adiacenti, altrimenti la manifestazione sortirebbe l’effetto boomerang, con un Renzi che diverrebbe ancora più acido e sarcastico. La piazza non stracolma sarebbe una pietra tombale sulla sfida con il governo, altro che preludio allo sciopero generale. Lo stesso Renzi, accogliendo la delegazione Cgil in Sala verde, aveva fatto una battuta («Voi siete quelli che porterete i 3 milioni in piazza»), volendo evidentemente sfottere e spiattellando in faccia a Susanna Camusso il paragone con il 23 marzo 2002 di Cofferati (obiettivamente difficile da emulare). Be careful, qui non si scherza.