Il sindacato unico sognato da Renzi «esiste solo nei regimi totalitari». Per la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso l’uscita del presidente del consiglio a Bersaglio mobile su La7 è «concettualmente sbagliata perché presuppone che la totalità di orientamenti e la rappresentanza di tutti i soggetti, anche diversi, che vi sono nel mondo del lavoro, vengano inclusi in un pensiero unico che non fa parte della modernità. Penso invece che il tema del sindacato sia quello del sindacato unitario».

In realtà la «modernità» sognata da Renzi è quella legata alla produttività dell’impresa, dunque alla contrattazione aziendale e non a quella nazionale e di categoria. Questa pratica, che costituisce l’obiettivo della destra neoliberista e della Bce di Mario Draghi – secondo il quale «la disoccupazione viene combattuta meglio dalla negoziazione aziendale che da quella nazionale» – è stata richiamata da Renzi nella medesima intervista quando ha citato lo smacco della Fiat Chrysler Automobiles (Fca) alla Fiom: «Marchionne – ha detto Renzi – è la dimostrazione che la scommessa sindacale di Landini è una sconfitta. Ha riaperto le fabbriche e da un punto di vista sindacale Marchionne batte Landini 3 a 0».

[do action=”quote” autore=”Matteo Renzi a La7, 22 maggio 2015″]«Marchionne ha riaperto le fabbriche con nuovi contratti aziendali. Marchionne batte Landini 3-0»[/do]

Ai lavoratori Fca, e prossimamente anche a quelli Cnh Industriai, Marelli, Teksid e Comau, sono stati destinati a maggio bonus da 77, 82 o 101 euro a seconda dell’area professionale, per un totale medio di 330 euro in 12 mesi, per quattro anni, legati alla redditività aziendale e destinati anche a chi è in cassa integrazione. In virtù di un accordo che esclude la Fiom, e sottoscritto dagli altri sindacati, la Fca mira alla «progressiva messa in soffitta del vecchio inquadramento anni ’70».

L’intesa, definita da Camusso e Landini come un «vulnus nell’unità sindacale» è stata dunque usata da Renzi per attaccare l’idea stessa del sindacato e, in generale, di «corpo intermedio» nella contrattazione sul salario tra l’imprenditore e il lavoratore. Un attacco politico non nuovo che usa le contraddizioni tra i sindacati, e la loro debolezza politica, contro la stessa idea di sindacato novecentesco.

L’attacco avviene nell’ambito della strategia indicata da Draghi, e già nota dalla famosa lettera della Bce al governo Berlusconi nel 2011. Renzi, però, è andato oltre e tratteggia un orizzonte dove viene meno il pluralismo e la rappresentatività dei sindacati prevista dall’arti. 39 della Costituzione.

Con il sistema delle relazioni sindacali della società fordista, il presidente del Consiglio vuole eliminare un pilastro delle società liberal-democratiche.

Lo ha ammesso persino uno dei paladini della contrattazione aziendale come Maurizio Sacconi. L’alleato di governo ha criticato Renzi: «Anche la sola speranza di un sindacato unico – ha detto – è incompatibile non solo con la storia plurale della nazione ma anche con l’idea di una società libera in cui i lavoratori, come gli imprenditori, si associano in forme varie che tra loro si relazionano liberamente».

L’ipotesi prospettata da Renzi sarebbe uno scenario inedito nei paesi a capitalismo avanzato, a cominciare dalla Germania dove, anzi, vige la cogestione nelle grandi fabbriche. Un principio, la cogestione appunto, che rientrava in una delle bozze farlocche del Jobs Act messe in giro prima che il provvedimento diventasse realtà.

Tutti i sindacati sono intervenuti, con le sfumature ideologiche del caso.

«L’Italia non ha bisogno di un sindacato unico – ha detto Annamaria Furlan, della Cisl – ma di sindacati responsabili e riformatori, capaci, come ha fatto sempre la Cisl nella sua storia, di guidare le trasformazioni del paese con una linea partecipativa e non antagonistica». Carmelo Barbagallo della Uil va al cuore del populismo renziano: «Sembra che Renzi voglia esportare il modello dell’uomo solo al comando anche nel mondo del lavoro e del sociale». «Finalmente Renzi ha ammesso di volere un paese a sua immagine e somiglianza – sostiene Francesco Paolo Capone (Ugl) – partito della nazione, terzo presidente del consiglio non eletto, abolizione del voto nelle provincie e in senato». È lo stesso progetto applicato alla scuola con il preside manager, anche se Renzi e il Pd sembrano volerlo annacquare al senato.