«Il giorno 30 gennaio 1980, a trentasette anni, dieci mesi e cinque giorni, per la prima volta nella mia vita vevo avuto paura». Inizia così Applausi nel cassetto (Elliot Edizioni, pp. 400, euro 18.50, traduzione di Luisa Valmarin), primo romanzo di Ana Blandiana, pseudonimo di Otilia Valeria Rusan, romena di Timisoara, approdata al mondo delle lettere principalmente come poetessa, la più nota al mondo fra quelle del suo paese di origine. Un esordio in ambito romanzesco che è una trascrizione immaginifica della vicenda personale dell’autrice. Negli anni Ottanta, viene perseguitata dalla Securitate, il servizio segreto del regime guidato da Nicolae Ceausescu, considerato tra i più brutali del blocco filosovietico. Perseguitata, censurata e isolata dagli affetti, Ana Blandiana vive, in quest’opera, una condizione sospesa tra realtà e immaginazione, con un esercizio mentale che la porta a cercare un senso all’esperienza da lei vissuta anche attraverso la testimonianza dei personaggi che popolano la storia.

UNA STORIA-NON STORIA in cui lo scrittore Alexandru Serban si ritira in una località remota sulle rive del Danubio per raccontare la sua condizione di perseguitato politico. I protagonisti di queste pagine percorrono strade che spesso si avvitano su sé stesse e non consentono un facile approdo a soluzioni esistenziali soddisfacenti o per lo meno capaci di dare sollievo. Strade quotidiane ma al tempo stesso così ignote come anche quelle del quartiere che, a vederlo, sembra appartenere a un «pianeta abbandonato, un pianeta di rocce squadrate, allineate in modo squallido e implacabile, cresciute a vista d’occhio dal suolo di asfalto, nell’aria immonda». Tutto è stranamente familiare, nulla è rassicurante.

Aleggia ovunque il fantasma del controllo che viene dall’alto, che permea quel pianeta abbandonato e dirige le vite dei suoi abitanti, le loro parole, i loro pensieri. Uomini senza nome, connotati solo dal loro aspetto fisico e dai loro modi arroganti, bussano alle porte di case che cercano di custodire discussioni sul paese e sulla sua storia. Entrano e seminano inquietudine con la loro minacciosa invadenza, si servono di quello che vogliono, perfino della vasca da bagno; sono lì perché hanno sentito l’odore di pensieri espressi, messi a confronto, resi parole in modo magari a loro avviso sbagliato. La casa non è più casa, non protegge, non tutela e non si sottrae al controllo incombente di quel pianeta abbandonato. Difficile capire cosa ci sia oltre. Difficile, a quel punto, non cedere all’attivarsi di meccanismi di autocensura che sono la massima e più compiuta realizzazione del potere: ognuno è inibitore di sé stesso, ingranaggio ormai integrato in un sistema invasivo che si presenta con tanti volti e nessuno.

CENSURA PROVENIENTE dall’alto, autocensura: il tutto porta alla produzione di scritti condannati al buio del «cassetto» con le voci e i personaggi cui Blandiana dà vita in questo stretto intreccio di finzione e realtà. La sua lettura ci porta lontano, a visitare luoghi e spazi interiori attraverso una complessità di piani narrativi. Il luogo interiore incontra quello fisico che assume talvolta le sembianze dello scavo archeologico, dell’ospedale psichiatrico, e vede i protagonisti di queste pagine perdersi nel flusso del Danubio, quale metafora della Storia.
Un’opera appassionante alla quale Ana Blandiana è arrivata attraverso un percorso che la vede, prima del 1989, nelle vesti di dissidente e sostenitrice dei diritti umani e civili (un impegno che porta avanti anche dopo la svolta dell’89); e come tale ha il coraggio di criticare pubblicamente il Conducator. Vincitrice di premi in diversi paesi, tra essi l’austriaco Herder e il canadese Griffin Prize for Excellence in Poetry, in Italia le vengono attribuiti il Premio letterario Giuseppe Acerbi, come riconoscimento speciale per la poesia andato al suo componimento Un tempo gli alberi avevano gli occhi, il Premio Internazionale Camaiore e il Premio di poesia della città dell’Aquila.

Appartenente a svariate istituzioni accademiche internazionali, in lei l’impegno civile e quello letterario si intrecciano e si aiutano a vicenda. La sua opera è tradotta in ventitré lingue e si connota per una continua riflessione sulla creazione artistica e sull’esperienza umana. Tale presupposto si evidenzia anche in Applausi nel cassetto, un romanzo la cui stesura coincide con la privazione per l’autrice del diritto di pubblicare – cosa che le succederà tre volte nel suo paese, l’ultima nel 1989. Blandiana racconta, infatti, di essere stata in quel periodo rigidamente sorvegliata e oggetto di «attenzioni» miranti al suo isolamento intellettuale, sociale e umano. «In quella situazione non mi rimaneva che la scrittura», precisa l’autrice che con il suo romanzo ha provveduto a opporre a ogni genere di repressione una inesorabile tensione alla resistenza che esce dal cassetto e ci consegna il suo messaggio.