Morto Stalin se ne fa un altro, la commedia britannica che narra la lotta per la successione a Stalin nel ’53, la cui uscita era programmata in Russia per il 25 gennaio, è finita sotto la ghigliottina della censura. Degli esponenti del mondo della cultura e cineasti russi (tra cui Nikita Michalkov) hanno scritto una lettera aperta al ministro della cultura in cui si afferma che il film in questione non è solo «un’opera con una sceneggiatura falsa e scadente», ma anche «diffamatoria della storia del nostro paese». Gli autori della missiva non hanno chiesto però la censura del film ma «solo il ritiro temporaneo».

I partiti della Duma si sono subito allineati. Termini come «provocazione britannica» e «dichiarazione di guerra» si sono sprecati nell’aula parlamentare. Il deputato Alexander Yushchenko è persino convinto «che la società russa non accetterà mai tali opere e l’uscita del film alla vigilia delle elezioni presidenziali è una vera provocazione». Detto fatto, il ministro della cultura Vladimir Medinsky ha valutato la pellicola «estremistica» e ha informato la casa di distribuzione del ritiro delle copie pronte a essere consegnate alle sale.

Questo caso di paternalismo del potere politico nei confronti dei cittadini è solo l’ultimo segnale del malessere che cova nella società russa. La propaganda nazionalistica in tv è diventata ossessionante e ogni voce di dissenso viene vista con sospetto. Si assiste, nel caso in questione, persino a un larvato tentativo di riabilitare Stalin. «Si sta cercando di far passare l’idea che la Russia ha sempre avuto, e sempre avrà, bisogno dell’ “uomo forte” viste le dimensioni del paese e la pluralità di culture» conferma Alexander Buzgalin, professore dell’Università Lomanosov di Mosca. Intanto però, la rete si è organizzata e già da ieri pomeriggio circolavano sui siti di streaming le prime copie pirata del film censurato.