Madonnella è Madonnellenberg» dice ironicamente Arcangelo Licinio, compagno e amico di studi filosofici, animatore della vivissima libreria Prinz Zaum a Bari.

L’evocazione di una Berlino trasfigurata dai ricordi di una solidarietà conosciuta poco dopo la caduta del Muro non è dissonante rispetto agli incontri che si possono fare oggi in un quartiere dove le vie strette si aprono davanti al mare grigio d’inverno.

Questa facilità dei ritrovi l’ho sentita venerdì, dopo un rocambolesco viaggio da Roma, proprio a Prinz Zaum dove a mezzogiorno ho incontrato Imma Barbarossa, già deputata del Pci, oggi attivista di Rifondazione Comunista, collaboratrice del manifesto. L’affettuosità e la stima, reciproca, mi ha scaldato e introdotto allo spirito di una serata in due tempi organizzata a sostegno de Il manifesto.

Protagoniste due Case del popolo, la Bottega dell’umanesimo socialista in via Celentano 76 e quella in via Signorile 36 dove ha sede il circolo cittadino “Karl Marx” di Rifondazione e si è svolta una cena a buffet. Percorrendo poche centinaia di metri in piazza Balenzano ho rivisto la casa dove i miei genitori hanno vissuto i primi anni. La familiarità dello spazio si è trasformata in una comunanza. In un fazzoletto di strade semioscure possiamo ritrovarci insieme e diversi mentre camminiamo controcorrente.

Alla Bottega dell’umanesimo socialista, circondati dalle librerie di uno dei presidi del libro di Bari, l’incontro «Quale sicurezza? Lavoro, salute, accoglienza» è stato introdotto da Mario Spagnoletti, storico e docente dell’università di Bari, studioso del movimento operaio. Davanti a una sala stracolma, accanto a noi c’era Pasquale Voza, docente di letteratura italiana dal quale ho appreso nei primi anni dell’università il modo di affilare le armi della critica prima su Pasolini e poi soprattutto con Gramsci nella comune militanza nella International Gramsci Society.

Una solidarietà affettuosa e sapiente. E Corrado Petrocelli, già rettore dell’università di Bari, con il quale continuiamo a coltivare una comune visione critica sull’ideologia della valutazione e la sua applicazione anche alla ricerca. La conversazione è stata incalzante.

Obiettivo: un’analisi del neoliberalismo inteso non come ideologia economicista, ma governo dell’essere umano che ha accenti di destra e sinistra, populisti e di mercato. Nel dibattito è emersa l’esigenza di un’alternativa radicale alla luce di un nuovo paradigma della politica che sta emergendo con i nuovi movimenti e orientano i percorsi dei femminismi, dell’ecologia politica, dei marxismi.

Lo sfruttamento del lavoro non è più anteposto a quello di genere, sessuale o della natura. Definire il lavoro alla luce dei rapporti sessuali e razzializzati, interpretare il sessismo e il razzismo come espressioni della violenza sociale dello stesso potere significa coniugare i conflitti in una «classe» oggetto di molteplici oppressioni e soggetto plurale di possibili resistenze.

Alla cena sociale in via Signorile c’è chi mi ha ricordato un incontro con Luigi Pintor a Bari, una città importante per la storia del nostro quotidiano. E chi, affettuosamente, mi ha detto che Il manifesto è la «preghiera quotidiana» fatta prima di andare a lavoro o a scuola. «È un giornale che ci accompagna da anni, lo leggiamo da sempre, spesso lo condividiamo, altrettanto spesso ci fa incazzare – ha scritto su Facebook Tonia Guerra, segretaria di circolo Rifondazione Bari – Non si tratta di simpatia, piuttosto di empatia: sappiamo per esperienza cocente quanto costa anche economicamente essere una voce dissonante».

Restiamo Sulla porta della sezione, addossati a una macchina, sul piccolo marciapiede a parlottare, insieme a Roberto de Robertis. E poi c’è Marco Spagnuolo, un giovane e appassionato filosofo spinozista, vent’anni suonati, ci parla del progetto di un archivio dedicato a Nicola Massimo De Feo, docente di filosofia morale a Bari, grande interprete di Weber, irregolare del pensiero negativo e dell’autonomia operaia. Molte generazioni hanno studiato con lui, compreso chi scrive. Costruire un archivio significa fare un’inchiesta anche culturale sugli anni in cui ha vissuto questo irregolare della filosofia accademica, grande intellettuale europeo che ci ha introdotto ai grandi conflitti del Novecento. E ai drammi dei conflitti italiani dopo il 7 aprile 1979. “Devi andare da Jimmy a Putignano, ha una libreria, lui è la memoria storica del movimento negli ultimi 40 anni” dice Francone. “Sì Jimmy, sa tutto. E poi dovresti sentire anche…” aggiunge Sabino de Razza, già candidato sindaco per Rifondazione a Bari, militante di lunga data in città che conosce storie e vissuti e potrebbe riempire interi archivi. “Questa idea dell’archivio mi sta facendo conoscere storie impensabili, sconosciute” mi confida Marco. Ci siamo salutati con un dubbio: ma come, uno va a Putignano e chiede di “Jimmy”? “Non ti preoccupare – risponde Francone già in macchina – Lo conoscono tutti. Digli: JIMMY. E vedrai”. Annodare i fili della memoria di un passato di teorie e conflitti non troppo lontani, ma apparentemente remoti, per vedere nuove strade nel presente. In fondo è facile, basta un nome. E si aprono mondi.