«Cogliere la sfida del nuovo che avanza in politica», ma senza avventate fughe in avanti che stravolgano l’identità di un Paese democratico, solidale e ben piantato in Europa.

Non è proprio un’apertura di credito al forse nascituro governo Di Maio-Salvini quella che arriva dai vescovi italiani, da lunedì e fino a domani riuniti a Roma per la loro consueta assemblea generale di maggio. Semmai una fiducia critica e vigilata, anche perché non si può ignorare che il quadro è profondamente mutato (i «vecchi partiti si sono sgretolati, nuovi soggetti sono venuti sulla scena»). E attenta a che non vengano smarriti punti di riferimento fondamentali – che invece M5 S e soprattutto Lega pare vogliano mettere in discussione – come la solidarietà sociale e l’europeismo. Tanto più «in una fase delicata come l’attuale», caratterizzata da «una crisi economica decennale che ha profondamente inciso sulla stessa tenuta sociale» e «un clima di smarrimento culturale e morale, che ha prodotto un sentimento di rancore diffuso, di indifferenza alle sorti dell’altro, di tensioni e proteste neanche troppo larvate».

«Credo che, con lo spirito critico di sempre, sia giunto il momento di cogliere la sfida del nuovo che avanza nella politica italiana», ha detto ieri mattina il cardinal Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, introducendo i lavori dell’assemblea generale, aperta il giorno prima dall’intervento di papa Francesco, che non ha nemmeno sfiorato il tema politico. Il capo dei vescovi però ha poi lanciato un severo monito ai partiti. Non basta «avere un governo per poter guidare il Paese – ha detto Bassetti -. Occorre, questo Paese, conoscerlo davvero, conoscerne e rispettarne la storia e l’identità; bisogna conoscere il mondo di cui siamo parte e nel quale la nostra Repubblica, cofondatrice dell’Europa unita, è desiderosa di ritornare a svolgere la sua responsabilità di Paese libero, democratico e solidale». E per rimarcare la dimensione solidale, ha chiuso il suo intervento sul Mediterraneo, «teatro di conflitti e tragedie, di scelte disperate e di minacce dalle conseguenze incalcolabili», di «tante situazioni di estrema instabilità politica e di forte criticità dal punto di vista umanitario», rilanciando l’impegno per «la riconciliazione e il dialogo».

Quindi nessuna porta sbattuta in faccia al nuovo possibile governo giallo-verde (del resto non è costume della Cei chiuderei canali con gli esecutivi, di qualsiasi colore siano), ma forte perplessità e anche qualche preoccupazione sulle capacità di governo degli “uomini nuovi” di 5stelle e Lega.
L’unico di cui i vescovi continuano a fidarsi senza se e senza ma è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, «per la guida saggia e paziente con cui sta facendo di tutto per dare un governo all’Italia».

Un cattolico doc, Mattarella, esponente di quel cattolicesimo democratico che, a pochi mesi dal centenario dell’appello «ai liberi e forti» con cui don Luigi Sturzo dava vita al Partito popolare (18 gennaio 1919), Bassetti guarda con un po’ di nostalgia, rimproverando autocriticamente alla Chiesa di averlo trascurato – anche perché nel ventennio ruiniano la scelta della Cei è stata di fare politica in prima persona, tenendo sotto controllo il laicato -, lasciando «enormi spazi vuoti» ora occupati da altri.