Non possiamo «chiudere frontiere e alzare barriere», il nostro dovere è «l’accoglienza», dice la presidenza della Conferenza episcopale italiana. «Non riapriremo i porti, salveremo vite facendo partire meno gente», risponde il vicepremier Matteo Salvini. Scontro fra i vescovi e il ministro degli Interni Matteo Salvini sulla questione migranti e sulla decisione del governo di chiudere i porti alle navi delle Ong.
Nella mattinata di ieri arriva una nota firmata Presidenza della Cei dal titolo eloquente: «Migranti, dalla paura all’accoglienza». L’intervento era atteso: da dieci giorni padre Alex Zanotelli e altri stanno digiunando a staffetta – con un presidio davanti a Montecitorio – in solidarietà con i migranti e lo scorso 14 luglio alcuni esponenti del mondo cattolico (religiosi, docenti di università pontificie, cattolici di base) hanno lanciato un appello sottoscritto da mille persone per chiedere ai vescovi di pronunciarsi contro il «razzismo dilagante».

ALLA FINE L’INTERVENTO è arrivato. Niente nomi – prassi prudenziale della Cei – ma il contenuto del messaggio è chiaro, parla di «imbarbarimento» e di «atteggiamenti aggressivi» e prende le mosse dalle immagini dell’ultimo salvataggio in mare dei migranti, bollate da Salvini come fake news. «Gli occhi sbarrati e lo sguardo vitreo di chi si vede sottratto in extremis all’abisso che ha inghiottito altre vite umane sono solo l’ultima immagine di una tragedia alla quale non ci è dato di assuefarci», scrive la Presidenza della Cei, ovvero il cardinale Gualtiero Bassetti. «Ci sentiamo responsabili di questo esercito di poveri, vittime di guerre e fame, di deserti e torture – prosegue la nota dei vescovi –. È la storia sofferta di uomini e donne e bambini che, mentre impedisce di chiudere frontiere e alzare barriere, ci chiede di osare la solidarietà, la giustizia e la pace».

QUELLO DELLA CEI è un richiamo politico, fondato su considerazioni di tipo morale. «Non pretendiamo di offrire soluzioni a buon mercato», scrivono i vescovi, ma «non intendiamo né volgere lo sguardo altrove, né far nostre parole sprezzanti e atteggiamenti aggressivi». I destinatari del richiamo sono facilmente identificabili, per questo Salvini ha sentito l’esigenza di rispondere.

«Non possiamo lasciare – prosegue la Cei – che inquietudini e paure condizionino le nostre scelte, determino le nostre risposte, alimentino un clima di diffidenza e disprezzo, di rabbia e rifiuto». Per questo «continuiamo a prestare la nostra voce a chi ne è privo», sosteniamo chi è impegnato «in un’accoglienza diffusa» e «guardiamo con gratitudine a quanti con la loro disponibilità sono segno di compassione, lungimiranza e coraggio, costruttori di una cultura inclusiva, capace di proteggere, promuovere e integrare» (i tre verbi utilizzati da papa Francesco nei suoi interventi sulla questione migranti). «Avvertiamo in maniera inequivocabile – conclude la nota della Cei – che la via per salvare la nostra stessa umanità dalla volgarità e dall’imbarbarimento passa dall’impegno a custodire la vita, ogni vita, a partire da quella più esposta, umiliata e calpestata».

LA RISPOSTA DI SALVINI non si fa attendere: «Il nostro obiettivo è salvare più vite possibili, facendo partire meno gente possibile, ma non riapriremo assolutamente i porti», dice ai cronisti a Montecitorio. A pochi metri, proprio di fronte alla Camera, continua a stazionare – dallo scorso 10 luglio – il presidio del «Digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti» promosso da Zanotelli, dall’ex vescovo di Caserta Raffaele Nogaro, da don Alessandro Santoro della Comunità delle Piagge di Firenze, da suor Rita Giaretta (impegnata a Caserta per la liberazione delle donne vittime di tratta e di sfruttamento sessuale) e dal sacramentino Giorgio Ghezzi di Castel Volturno. Sono centinaia, in tutta Italia, gli aderenti al digiuno a staffetta. Il presidio a Montecitorio prosegue anche oggi pomeriggio. Domani è stata autorizzata una messa a San Pietro (alle 11 nella cappella episcopale ungherese nelle grotte vaticane). Segno che anche la Santa sede sostiene l’iniziativa.