Rotola, clamorosamente, la testa dell’ex “Regina della Saar”, fino a ieri «candidata naturale» alla successione di Angela Merkel alle prossime elezioni federali. Ieri mattina Annegret Kramp-Karrenbauer ha chiuso di colpo, da sola, e per sempre, la carriera politica che l’aveva portata a diventare la “numero due” di Mutti.

UFFICIALMENTE si tratta di «una decisione sofferta che stava maturando da molto tempo»; di fatto, invece, la segretaria della Cdu paga di persona la propria parte di conto nello scandalo del governo “fascio-liberale” della Turingia, già costato il posto sabato scorso a Christian Hirte (rappresentante per i Land dell’Est) rimosso da Merkel con una telefonata. Solo l’ultimo atto di una gestione fallimentare a tutti gli effetti e non solo per colpa dei pur numerosi “nemici interni” che hanno sabotato la guida di Akk fin dal giorno della nomina.

«Non sono più disponibile per la candidatura a cancelliera» ha scandito ieri mattina Kramp-Karrenbauer di fronte agli attoniti membri del Presidium cristiano-democratico riunito per il consueto briefing del lunedì. Soprattutto, non sarà più lei a guidare il primo partito della Grande coalizione di Berlino (nonché del Ppe di Bruxelles) dopo che la dirigenza Cdu da qui all’estate avrà avviato il «processo» per scegliere il nuovo Spitzenkandidat, «che dovrà coincidere con il capo del partito» specifica Kramp-Karrenbauer.

Nessuna indicazione del successore, anche perché la segreteria Cdu ha bocciato sul nascere l’ipotesi del sondaggio tra gli iscritti, come rivela la Berliner Zeitung. Per il nome infatti «ci vorrà un’apposita conferenza generale del partito» tiene a precisare Akk, apparentemente incurante dei rumors secondo cui si starebbe già scaldando il suo arci-rivale, Friedrich Merz, pronto a sostituirla sul campo e prima della fine della partita.

A BERLINO SONO DETTAGLI molto più attesi della giustificazione ufficiale delle dimissioni riassunta da Akk nell’«irrisolto rapporto della Cdu con la Linke a sinistra e con Afd a destra» come dimostra sintomaticamente proprio il “caso Turingia”.

Ne ha dovuto prendere atto anche la cancelliera Merkel, che ieri si è limitata a comunicare alla sua ex delfina il ringraziamento «per l’ottimo lavoro svolto» smentendo pubblicamente le voci sulla fine del rapporto di fiducia.

Un eufemismo, secondo i sondaggi: la rilevazione dell’istituto Emid di domenica scorsa illustra l’autentico disastro della Cdu sempre inchiodata al 28% del consenso (dal 32,9 delle ultime elezioni).

Per questo motivo, soprattutto, subito dopo la riunione del Presidium, Akk ha convocato la stampa per ribadire l’urgenza di «riposizionare il partito sulla linea tradizionale»: vuol dire, tanto per cominciare, che «Afd è opposto a tutto ciò che rappresentano i cristiano-democratici e ogni collaborazione anche indiretta ci indebolisce» sottolinea la segretaria.

Una settimana dopo che il terremoto politico della Turingia ha scosso perfino le casse pubbliche: per soli tre giorni di mandato da governatore il “centrista” Thomas Kemmerlich (eletto mercoledì scorso da Cdu, Fdp e Afd) riceverà un’indennità pari a quasi 94 mila euro: il corrispettivo di sei mesi da primo ministro, il minimo stabilito dalla legge.

LA BEFFA OLTRE AL DANNO «imperdonabile» secondo Merkel di aver rotto l’argine dei partiti costituzionali contro i fascio-populisti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso già colmo di Akk che non è dotata dello stesso carisma di Merkel e tantomeno della sua capacità di “addomesticare” il dibattito con alleati e avversari.

Al contrario, la segretaria Cdu è finita sotto i riflettori già lo scorso maggio, accusata di volere censurare le opinioni su internet dopo che il noto blogger “Rezo” aveva invitato i giovani a «non votare per la Spd né per la Cdu». Appello virale rilanciato da altri settanta influencer e visualizzato da oltre 13 milioni di utenti; il primo rumoroso autogol di Akk che pretendeva di «regolare ciò che accade nella sfera digitale».

SEMPRE CON LARGO ANTICIPO, sei mesi fa, era stato certificato con ottima approssimazione il favore goduto da Kramp-Karrenbauer: nella Bundesrepublik dove sette cittadini su dieci la indicavano come «inadatta» al ruolo di candidata-cancelliera, quanto nella Cdu dove appena il 52% degli iscritti credeva alla «successione naturale» ad Angela Merkel.

Senza contare la sua più che discutibile gestione del ministero della Difesa (di cui conserverà la delega fino a fine mandato): dove spiccano le condizioni fatiscenti delle forze armate, la crisi con gli Usa sfociata anche in ambito Nato, e il verminaio appena scoperchiato dai servizi segreti militari che stanno indagando su mezzo migliaio di soldati con dichiarate simpatie naziste.