La devastazione che divora la flora e la fauna d’Australia è inedita per la violenza dell’evento e per il sentimento d’impotenza che suscita tra chi prova ad opporvisi. Eppure proprio in quei colori e in quelle forme si manifesta un universo familiare e che da anni abbiamo imparato a tenere a distanza, sul grande schermo. Ora ci svegliamo come la piccola Newt (Carrie Henn) in Aliens : «Mamma mi ha detto che i mostri non esistono. Invece esistono». La catastrofe ecologica che i film di profetica anticipazione hanno immaginato è qui, presente, quotidiana, senza via d’uscita.

UNA PARTE del mondo vive già nel deserto senza uscita di Mad Max: Fury Road. I bollettini che trasmette la Nasa sembrano raccontare la sequenza in cui Max (Tom Hardy) entra nella tempesta di sabbia quando descrivono le nuvole di fuoco create dagli incendi australiani, le quali si innalzano fino a 16 chilometri di altezza e agiscono come draghi, soffiando fuoco e fiamme e generando a loro volta altri roghi che innescano nuove tempeste di fuoco. Solo che alla Nasa non si fa analisi filmica ma cronaca scientifica. Un’altra parte del mondo è sprofondata in una delle finzioni di Bong Joon-ho. Il suo ultimo bellissimo film finiva appunto con una pioggia torrenziale che invadeva la capitale coreana. Sette anni fa, Joon-ho aveva immaginato in Snowpiercer una complessa cornice di fantascienza per inscenare un’idea affatto semplice: la catastrofe ecologica non annulla la dialettica delle classi sociali, anzi la radicalizza e la semplifica. In Parasite resta l’idea della catastrofe come punto in cui il capitalismo giunge al suo compimento. E non c’è più bisogno di immaginare un futuro in cui un treno mosso da un motore eterno conserva, come un’arca, il fuoco sacro della lotta sociale. Il diluvio è qui, nel presente delle nostre metropoli. E mentre il ricco, che vive sulle colline, contempla la pioggia dalle sue grandi finestre, il povero, che vive negli scantinati o nei bassifondi, ne è inondato – e, come un ratto, si prepara ad uscire dalle fogne.

LA CATASTROFE ecologica è sociale ma anche morale. I governanti australiani pregano. I politici italiani discutono di Nutella (senza peraltro manifestare nessuna inquietudine rispetto all’olio di palma che serve a produrla). Il presidente francese privatizza quello che resta del bene comune. Nel momento in cui l’umanità è sull’orlo dell’apocalisse, la classe politica che dovrebbe fronteggiare l’emergenza è composta da inetti arroganti e approfittatori. Anche questo era stato previsto dal cinema.

Una scena da «Gaz de France» di Benoit Forgeard

PARAFRASANDO Truffaut, verrebbe da dire che la nostra è l’epoca in cui i film di fantascienza dicono sempre la verità. E più sono assurdi più dicono il vero. Allora non resta che seguire i buffoni. Philippe Katerine è assai noto in Francia per le sue canzoni bislacche, per i suoi video-clip improbabili, per i suoi ruoli cinematografici sopra le righe. L’epoca gli dà ragione. Uno dei suoi ruoli più impressionanti è quello del «presidente Bird» nel geniale Gaz de France di Benoit Forgeard. Era il 2015, Macron non era stato ancora eletto ma Forgeard aveva profetizzato quel misto di assurdità, cialtroneria e disprezzo che sono gli ingredienti essenziali del macronismo. Il presidente Bird sale sulla scena di un dibattito televisivo. Una donna, scelta come rappresentate della società civile, gli rivolge una domanda che suona terribilmente attuale: «sono disoccupata e, da quando c’è lei, non ho più diritto alla cassa integrazione, che cosa conta di fare per quelli come me?». Bird la guarda. Ci pensa un po’. Poi comincia a intonare ossessivamente un ritornello: «non lo so, non ne so nulla». Difficile dire se sarà Macron a gestire il collasso della società francese. Di certo, c’è solo che la sua risposta sarà: «non lo so, non ne so nulla».

MA SE da un lato, quello dell’anticipazione, il cinema è sempre stato profetico – non è forse vero che, ogni volta che si scorrono le notizie del giorno, torna alla mente 2022 : i sopravvissuti, del lontano 1975? Che cosa, del diaporama iniziale, è andato in maniera diversa da come lo aveva immaginato Richard Fleicher? Più curioso e intrigante è vedere come la crisi sociale ed ecologica muta anche il rapporto del cinema con il passato. In questo senso, possono entrare a far parte degli schermi verdi anche film insospettabili. In Once Upon a Time in Hollywood Tarantino sembra voler far evadere il proprio pubblico. Riportarlo indietro agli anni sessanta e all’incoscienza propria di quel periodo. Ed è innegabile che in Tarantino ci sia una certa nostalgia per il passato, per quel momento della città di Los Angeles, per la musica che usciva da quelle autoradio, per il ronzio dei neon sulle insegne dei ristoranti, delle sale cinematografiche, delle stazioni di benzina illuminandosi al calar della sera. In realtà quello che cerca di fare è misurare, millimetricamente, come il nostro sguardo sia irreversibilmente cambiato e ogni ritorno al passato impossibile. Non solo quelle insegne non esistono più, ma non possono più essere ricreate; qualora lo fossero – come nel caso di questo film – è il nostro sguardo su di esse ad non essere più lo stesso. Ce ne accorgiamo quando Tarantino taglia brutalmente una canzone. Soprattutto ce ne rendiamo conto quando ci mostra una manciata di mozziconi di sigarette gettati a terra. O il fumo nero che esce dalla macchina sportiva di Cliff quando accelera.

O IL RUMORE, divenuto oramai insopportabile, del vecchio diesel su cui viaggiano gli assassini di Sharon Tate. I valori si sono invertiti quello che un tempo era gioia e spensieratezza oggi genera un senso di colpa e di sconforto. C’era una volta il colorato capitalismo degli anni sessanta. Quel mondo, ahimè, non è scomparso. Ci siamo ancora dentro fino al collo. E probabilmente non riusciremo ad uscirne in tempo. Ma l’incoscienza con la quale si poteva godere di esso è andata via. O meglio è finita in un vicolo cieco verso il quale il miglior cinema di questo decennio ha puntato impietosamente la macchina da presa.
4. fine

(le puntate precedenti sono uscite l’8,15 e 22 dicembre 2019)