Dopo quarant’anni la lunghissima vicenda processuale sulla strage di Piazza della Loggia non è ancora chiusa. Ieri la quinta sezione penale della Corte di Cassazione, dopo poche ore di camera di consiglio, ha accolto il ricorso della procura generale di Brescia contro le assoluzioni di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. Esce invece definitivamente dal processo Delfo Zorzi, oggi imprenditore in Giappone. I tre neofascisti di Ordine Nuovo, coinvolti anche nei processi sulla strage di piazza Fontana, erano stati assolti il 14 aprile del 2012 insieme al generale dei carabinieri Francesco Delfino. Adesso per Maggi e Tramonte si dovrà nuovamente celebrare il processo d’appello. La Cassazione inoltre ha annullato quella parte del verdetto di secondo grado che condannava le parti civili al pagamento delle spese processuali.

Il 28 maggio 1974 alle 10 e 12 in piazza Della Loggia a Brescia durante una manifestazione antifascista dei sindacati una bomba uccise 8 persone e ne ferì 108. Da allora la verità giudiziaria non è mai stata accertata nonostante il susseguirsi di tre inchieste e un numero enorme di udienze che hanno prodotto 900.000 pagine di documentazione. La sentenza della Cassazione riapre uno spiraglio per la terza inchiesta giunta a un verdetto di assoluzione in primo grado nel 2010 per Zorzi, Maggi, Tramonte, Delfino e Pino Rauti per insufficienza di prove, confermato in appello due anni dopo. Maggi, medico, era il capo in Veneto di Ordine Nuovo e secondo l’accusa sarebbe stato il mandante della strage in cui sarebbe coinvolto anche Tramonte in quanto noto informatore dei servizi segreti (la cosiddetta fonte Tritone). Zorzi invece era accusato di aver confezionato e procurato l’ordigno. Mentre Francesco Delfino era il comandante dei carabinieri, poi divenuto generale, accusato di aver depistato le indagini.
«Verrebbe meno la mia coscienza di cittadino se non chiedessi alla Corte di colmare con gli strumenti che ha a disposizione le lacune di una sentenza che non può essere accettata», ha detto l’altro giorno il procuratore generale della Cassazione Vito D’Ambrosio che aveva chiesto di riaprire il processo. «E’ stato Maggi l’ideatore del mandante della strage di Piazza Della Loggia», ha sostenuto D’Ambrosio per il quale dagli atti emerge «la sua volontà di compiere attentati e stragi. Il procuratore generale aveva anche ritenuto «necessaria la revisione della posizione di Tramonte» e aveva invece definito «defilata» la posizione di Zorzi. Infine aveva chiesto di rinviare al giudice civile gli atti riguardanti il generale Delfino. Impossibile fare di più visto che la procura di Brescia non aveva presentato ricorso contro la sua assoluzione, ma quanto meno per D’Ambrosio andava tutelata in sede civile l’interesse delle parti civili. Richiesta, questa, che però la Cassazione non ha accolto. «La posizione di Delfino riassume e condensa la pagina più amara – ha detto D’Ambrosio – perché rimarca il ruolo irrevocabilmente negativo di un uomo dell’apparato dello stato che è il motivo per cui ci troviamo ancora in questa aula».

Maggi, 79 anni, oggi risiede a Villanova di Ghebbio (Rovigo) e ha già annunciato che non si farà vedere al nuovo processo d’appello: «Io vado dalla poltrona al letto. Andranno i miei legali all’appello. Sono venti anni che la giustizia mi perseguita. Mi è costata un po’ di soldi, ma per fortuna non tantissimi. Tanto, penso che non ci sia niente da fare. Faranno l’appello tra loro».

Il pronunciamento della sentenza è stato invece ascoltato fra le lacrime dai superstiti e dai parenti delle vittime. «Meglio di così non poteva andare», ha commentato Redento Peroni, uno dei 103 feriti dalla bomba. «Ritrovo il senso di una giustizia che ha dato risposta alla storia – ha detto Manlio Milani, presidente dell’associazione delle vittime – ritrovo qui i compagni che non ci sono più. Dalla sentenza della Cassazione abbiamo la conferma della responsabilità della destra e dei depistaggi». Soddisfazione è stata espressa anche da Roberto Di Martino, attuale procuratore a Cremona e pm dei due primi gradi di giudizio celebrati a Brescia: «Una luce dopo tanto buio per i parenti delle vittime di cui ricordo la sofferenza lacerante, i volti rigati di lacrime dopo i primi due verdetti».