Il principio è lo stesso che in passato ha più volte guidato i giudici dei tribunali dei minori e della Corti d’appello di mezza Italia, solo che ad applicarlo questa volta è stata la Corte di cassazione riconoscendo il diritto di una donna ad adottare la figlia della partner: «il preminente interesse del minore». Una sentenza, quella emessa ieri per la prima volta dai giudici della Suprema corte, destinata a fare giurisprudenza fissando un criterio importante al quale, in futuro, potranno fare riferimento altri tribunali chiamati a decidere nei casi di stepchild adoption. Ma che, soprattutto, dà ragione a quanti per anni si sono battuti perché venisse riconosciuto il diritto delle coppie omosessuali a essere genitori. «La decisione della Suprema corte riconosce la piena cittadinanza ai figli senza diritti delle famiglie arcobaleno», è stato il commento alla sentenza dell’ex presidente dell’Arcigay e senatore dem Sergio Lo Giudice.

23 soc 1 soc1 cassazione

La sentenza 12962/16 fa riferimento alla domanda di adozione di O.A. – una bambina che oggi ha sette anni – da parte della convivente della madre biologica. Le due donne vivono assieme dal 2003 e nel 2009 in Spagna è nata O.A. grazie alla procreazione assistita eterologa. Un primo riconoscimento all’adozione è arrivato nel 2014 dal Tribunale dei minori di Roma, città nella quale vivono le due donne, con una sentenza emessa dall’allora presidente Melita Cavallo. Sentenza confermata l’anno successivo dalla Corte d’Appello. A questa decisione fa seguito il ricorso in Cassazione presentato dalla Procura generale, che il 26 maggio scorso ha chiesto la remissione alle sezioni unite o l’accoglimento del ricorso. Alla base delle motivazioni della procura generale c’c’era la convinzione che la legge 184 del 1983 sulle adozioni, nella parte in cui tratta dei «casi particolari», non farebbe riferimento a un minore amato e accudito dal genitore biologico, bensì ai casi di «infanzia abbandonata e maltrattata». Quindi non applicabile al caso in questione.

Entrambe le tesi sono state però respinte dai giudici della Corte suprema che hanno sottolineato come la Cassazione in passato si sia pronunciata a sezioni semplici «su numerose questioni variamente collegate a temi socialmente e/o eticamente sensibili», estendendo poi l’applicazione della legge anche ai casi in cui è presente un genitore biologico e non solo i quelli d maltrattamento e abbandono del minore. Con un’aggiunta in più: all’adozione «in casi particolari», sottolineano i giudici, «possono accedere sia le persone singole che le coppie di fatto» e l’esame dei requisiti e delle condizioni imposte «non può essere svolto – neanche indirettamente – dando rilievo all’orientamento sessuale del richiedente e la conseguente natura della relazione da questa stabilita con il proprio partner».

Com’era prevedibile, al sentenza a suscitato una marea di reazioni contrapposte. Soddisfazione è stata espressa da quanti da sempre sono favorevoli alla stepchild adoption. Per Monica Cirinnà, prima firmataria della legge sulle unioni civili, la «Cassazione stabilisce finalmente che quanto abbiamo sostenuto, e purtroppo dovuto stralciare dal testo delle unioni civili, non soltanto è legittimo ma soprattutto è giusto». «Siamo di fronte a una decisione di grande valore e di primaria importanza per tutte quelle famiglie che hanno veduti negati i diritti dei propri figli«», ha detto invece il presidente del Circolo Mario Mieli Mario Colamarino. Mentre per le Famiglie Arcobaleno, che più di tutti si sono battute per il riconoscimento della stepchild adoption, quello di ieri è un giorno storico. La sentenza, ha spiegato la presidente Marilena Grassadonia, «è una vittoria per i nostri figli e le nostre figlie ed è solo merito nostro esserci affidati ai giudici a fronte di una politica incapace di legiferare nell’interesse dei minori».

Decisamente contrarie le reazioni che arrivano dal fronte opposto. «Quello che non è riuscita a fare la maggioranza in parlamento lo hanno fatto i giudici», attacca il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli. Mentre per il leader del Family Day Massimo Gandolfini la sentenza della Cassazione aprirebbe la strada all’«utero in affitto».