L’occupazione della caserma Rossani a Bari del 1 febbraio 2014 è stata un atto di liberazione scrive il giornalista Nicola Signorile in Diario Rossani (Caratteri Mobili, pp. 120, euro 8). In una serie coinvolgente di articoli pubblicati nella rubrica «Piazza Grande» su La Gazzetta del Mezzogiono, Signorile spiega come il «passaggio all’atto» di un movimento urbano – composto dal collettivo e dalle famiglie senza casa sgomberate dall’occupazione di Villa Roth e dal comitato civico Rossani che si batte per la costruzione di un parco urbano nella ex-caserma – abbia trasformato la realtà.

Il movimento barese rivendica il diritto alla città. Sostiene che le politiche urbanistiche, culturali o sociali devono essere partecipate sull’esempio di quelle nate nella Rossani: una libreria sociale, una sala studio, una palestra popolare, laboratori di giardinaggio, spettacoli teatrali, cineforum, l’orto urbano e la sala prove. Questa azione ha rafforzato l’opposizione ad un progetto speculativo che interessa 80 mila metri quadri in centro a ridosso della stazione e ha eroso il consenso sul progetto di Massimiliano Fuksas che prevede un parco urbano con parcheggio interrato per 800 veicoli.

È lo stesso diritto alla città rivendicato a Istanbul per difendere il parco Gezi, dal teatro Valle o dalla rete «Patrimonio comune» che a Roma chiede il riuso sociale delle caserme, l’ex colorificio o la caserma «distretto 42» a Pisa. Questo diritto è incentrato su pratiche di riconversione e autogoverno. Idee che verranno rafforzate dai rischi di privatizzazione o abbandono insiti nella dismissione delle caserme e del patrimonio pubblico previsti dal «federalismo demaniale».

In un pamphlet che ripercorre la vita politica, urbanistica e speculativa barese dal 2008 a oggi, Signorile individua lo strumento principale con il quale il capitalismo finanziario sta devastando le città: l’urbanistica contrattata che ha messo nelle tasche dei costruttori la «moneta urbanistica», il valore immateriale generato da una destinazione urbanistica di un suolo, ma sganciato da esso. Chi detiene un suolo reso inedificabile diventa titolare di un «credito» riconosciuto dal Comune in altre sezioni della maglia urbana da definire per via contrattuale attraverso il project financing o le compensazioni.

Anche a Bari c’è il conflitto tra la rendita immobiliare e la vita associata che riscopre intrecci inediti nel quinto stato composto dal ceto medio impoverito e dalle classi popolari, gli immigrati con studenti e precari. Per Signorile questo è anche un conflitto tra l’urbanistica contrattata e quella partecipata. Il movimento urbano ha catalizzato attorno a sé i saperi di architetti, urbanisti, filosofi, artisti. Cooperando insieme, sono nati progetti alternativi che possono avere un impatto rigenerativo sui legami sociali e produttivi. Di solito le amministrazioni locali vacillano davanti al potere dei palazzinari.

Negli anni la giunta barese non è stata da meno, ma la Caserma Rossani è riuscita ad aprire un varco. Il 15 aprile è stata approvata una delibera che avvia un laboratorio partecipativo per trovare una soluzione. La scadenza è il 31 dicembre. Se ne riparlerà con la nuova giunta. La battaglia è all’inizio.