«La risposta della città è stata straordinaria e compatta: le immagini delle mamme che accompagnano i figli/le figlie a scuola e che hanno già il manifesto in mano, mi sembrano straordinarie; la prova che in effetti la Casa viene vissuta come un valore di tutte». Non si aspettava un successo di tale entità, Francesca Koch, presidente della Casa internazionale delle Donne di Roma.

«Molte ci hanno scritto – prosegue – che non trovavano più il giornale né a Matera, né a Milano o a Torino». Sottoscrizioni straordinarie, entusiasmo diffuso, tra le tante associazioni che hanno sede in via della Lungara, c’è chi «ha ritrovato la felicità della partecipazione».

Fin dalla manifestazione organizzata da Non Una Di Meno, per le strade capitoline e non solo, «a partire dal 25 novembre, ho potuto registrare nelle donne della Casa una mobilitazione straordinaria, una creatività eccezionale, dall’idea dei palloncini fucsia (anche questo poteva essere rischioso e invece ha avuto un successo evidente) alle fotografie, opera di una giovane operatrice della foresteria».

Un sostegno così ampio ma anche un periodo complicato da gestire…

Abbiamo avuto occasione di ritrovarci in modo ancor più consapevole, nel progetto della Casa e nella voglia di esserci; insomma, abbiamo ritrovato lo spirito di quella «felicità pubblica» degli anni Settanta, tutte insieme. Molte sono state anche le proposte «esterne» di sostegno, dalle serate ad hoc, alle sottoscrizioni, alle proposte di eventi musicali, come cori o altro.

Avrete ricevuto tantissimi messaggi. Movimento, associazioni, istituzioni che vi hanno mostrato vicinanza esplicita. È così?

Una valanga di messaggi di solidarietà e di incoraggiamento, a cominciare dalle Case delle donne ( Torino, Ravenna, come Trieste o Bari e Milano: le donne di Bari hanno addirittura lanciato una petizione su change.org ). Numerosi anche i messaggi istituzionali (prima fra tutte la presidente Boldrini e la sottosegretaria Boschi, ma anche molte deputate e senatrici) e il presidente della Regione Lazio, con moltissimi consiglieri/e, le giunte di alcuni municipi di Roma, tra cui il 2, il 15 e naturalmente il 1 municipio, che da sempre collabora con la Casa e ci sostiene; alcune parlamentari europee e poi le Donne evangeliche e la comunità di base di S.Paolo, la Cgil e la Fiom, il Cesv e il Forum del Terzo Settore, l’Associazione delle donne medico e il Festival Internazionale di Cinema e Donne di Firenze, l’Arci, l’Anpi, le associazioni di donne migranti, il centro per la Pace di Viterbo.

Particolare piacere ci hanno fatto alcuni messaggi di solidarietà internazionale, da donne che avevano partecipato in ottobre alla Casa ad un convegno sui fondamentalismi del nostro secolo, donne autorevoli come Susan George, Madeleine Rees, Heidi Meinzolt della Wilpf, Geneviene Vaughan.

Che risposta politica ne avete tratto?

C’è la contezza della necessità di una azione comune di contrasto all’uso del patrimonio pubblico a scopo di profitto, per salvaguardarne invece l’utilità sociale.

Da questo punto di vista, gli incontri che ci sono stati a Napoli ( dove l’idea di bene comune è affermata anche dalla giunta) e la rete romana, per superare la delibera 140, ci hanno fatto comprendere meglio che non si tratta di un singolo spazio o soltanto della Casa delle Donne, ma che c’è bisogno di politiche diverse, perché il patrimonio pubblico non sia solo fonte di reddito ma sia una risorsa al servizio della comunità.

Chi sono queste tante e tanti che si riconoscono in #lacasasiamotutte? Hanno un posizionamento che arriva dal femminismo, riconoscono alla Casa il valore di un bene guadagnato per l’intera comunità. Entrambe le cose?

Il cuore della Casa resta il movimento femminista, arricchitosi nella pluralità delle nuove generazioni, ma penso che ci sia anche un riconoscimento della Casa da parte di persone non necessariamente «femministe»; molte ci sostengono perché usufruiscono dei servizi, ma molte sono le studiose che frequentano la biblioteca e che vedono la Casa come centro di cultura, oppure le giovani artiste che hanno avuto spazio nelle serate estive, o le tante persone che nelle stesse serate hanno potuto godere di eventi diversi… Per questo direi che la percezione della Casa come bene comune è diffusa in chi ci sostiene, ma è anche molto forte il riconoscimento delle particolari soggettività che la abitano, oltre la unicità del posto.

Cosa ti auguri accada al prossimo incontro con la giunta?

Abbiamo ricevuto l’invito per un altro incontro, nella settimana prossima, per un tavolo definito tecnico, ma in realtà molto politico visto che parteciperanno molti assessori. Abbiamo studiato delle proposte per superare questo momento di difficoltà, delle strategie per uscire dalla strettoia della alternativa «o pagate o lasciate il Buon Pastore».

Riteniamo che i numeri messi in campo possano non essere solo quelli del debito, ma anche quelli legati all’onerosa opera di manutenzione e di cura del palazzo stesso, al valore economico dei servizi e delle proposte culturali, oltre al valore aggiunto degli investimenti; chiederemo di ripartire dalla bozza di delibera della giunta Marino, del luglio 2015, che prevedeva la riduzione dell’affitto, il riconoscimento del valore economico dei servizi, il prolungamento della convenzione, in modo da permetterci di pagare le rate di quanto dovuto con una dilazione nel tempo.

È tuttavia evidente che una via d’uscita si potrà trovare solo se ci sarà la volontà di non fermarsi al solo livello economico, ma di accettare la premessa che la Casa delle Donne è una risorsa per l’intera città, e che è nell’interesse dell’amministrazione sostenere le iniziative della Casa stessa, ponendo richieste puntuali, utilizzando i servizi e le opportunità di accoglienza che noi possiamo mettere a disposizione; insomma ci auguriamo che si possa condividere una visione del futuro di questa città in cui la Casa e l’esperienza delle donne che la abitano possa avere un riconoscimento.