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Non è facile durante l’adolescenza fare i conti con la perdita di un padre, che la malattia ha consumato in poco tempo. E meno ancora è semplice adeguarsi a una nuova vita, in un altro paese e in una casa straniante, abbandonando le amicizie e ritrovandosi a dover dividere il proprio dolore con quello di una madre che annaspa per ricostruire un futuro.
Billie è una ragazzina intelligente e socievole che, però, si trova a un bivio spinoso di crescita. Recalcitrante, viene strappata via dalla sua «comunità»: è il tentativo materno di recidere dalle fondamenta il ricordo di una esistenza famigliare che ormai si è dissolta. A Billie resta solo la scuola come punto fermo, ma bisognerà viaggiare per raggiungerla dalla piccola località di mare – quella dove la mamma ha passato la sua infanzia, Ahus. È qui che le due donne sono finite per seguire la loro terapia anti-angoscia.

Bambini di cristallo, il romanzo della scrittrice svedese Kristina Ohlsson (pp.169, euro 13,90, Salani) ha un ritmo sostenuto tutto interiore, sfoggia una suspence quasi psicoanalitica: la protagonista teenager, rimasta orfana, ha paura, ha smarrito il senso di protezione e deve vedersela con ombre di altri abitanti della vecchia e cigolante casa, acquistata forse incautamente. Spaventata, ha un solo amico che la può aiutare nelle sue ricerche per svelare le stranezze di quella dimora che trasuda sporcizia e vite vissute misteriosamente da altri: è il ragazzo turco Aladdin, con il quale presto diverrà inseparabile.

L’atmosfera narrativa del libro ricorda molto da vicino un film come The Others di Alejandro Amenábar; d’altronde, Kristina Ohlsson è un’autrice abituata a seguire le tracce di chi si rende «invisibile», poiché lavora in Svezia come analista di sicurezza internazionale. Segnali inquietanti come frasi minacciose lasciate fra mobili tarlati, piccole impronte di mani, oggetti spostati, lampadari dondolanti, storie antiche di suicidi e bambini morti che fanno rabbrividire: è questo il puzzle che Billie, Aladdin e, occasionalmente, l’amica che viene dalla città per riempire i suoi uggiosi fine settimana con esperienze ai limiti della realtà, tentano di ricomporre.

La verità non è scontata, mescola la presenza di fantasmi a vicende tristi del passato che trascinano di generazione in generazione la memoria di infanzie spezzate, fino ad arrivare a un’assenza di adulti incoraggianti: gli ingredienti del romanzo sono tutti qui, condensati in una stagione metafisica per suo dna come l’estate, dove tutte le consuete attività si sospendono per far posto alla fantasia, alle peregrinazioni dentro di sé, alle domande sull’universo e sul significato ultimo dell’essere al mondo. È per questo che la storia raccontata da Ohlsson, al di là delle sue reminiscenze horror, ha una potenza deflagrante.