Dopo la massiccia adesione al presidio di lunedì in piazza del Campidoglio è ormai chiaro che la sorte della casa internazionale delle donne di Roma riguarda tutte e tutti. Da più parti in queste ore si sollevano ulteriori comunicati di sostegno, solidarietà e altrettanto stupore se si considera che a rischio di sfratto è un progetto che dovrebbe essere tenuto in palmo di mano come il fiore all’occhiello del Comune, oltre che della città tutta. Non sembrerà strano dunque come, oltre alle associazioni interne che hanno sede in via della Lungara (sono più di 30) vi siano state nette prese di posizione. È il caso della Società italiana delle letterate che ribadisce come «la perdita della Casa ferisce profondamente il tessuto sociale e relazionale della città e dell’opinione pubblica non solo cittadina e ci mobiliteremo in tutte le forme che riterremo necessarie a livello nazionale e internazionale». È ancora da rifinire nel dettaglio ma in meno di 24 ore ha già ricevuto moltissime adesioni il testo proposto da Laura Fortini al gruppo di Non Una Di Meno di RomaTre ora diffuso tra le donne di varie Università italiane, da RomaTre alla

Sapienza, dall’Orientale alla Wake Forest e così via attraversando l’intero territorio nazionale. «Nel nostro lavoro – si legge – sappiamo quanto apparentemente incalcolabile sia la cura e l’attenzione che dedichiamo alle istituzioni che abitiamo. Proprio per questo riteniamo che il lavoro fatto dalla Casa in favore dei diritti delle donne sia incalcolabile e che abbondantemente sopravanzi quanto dovuto al mercato».

Anche dalle istituzioni, non solo comunali, si levano voci di inequivocabile sostegno nei confronti della Casa. Dopo il sostegno di 90mila euro voluto da Nicola Zingaretti (alla fine di dicembre), ieri si è svolto un ulteriore incontro tra il direttivo e il presidente della Regione Lazio. «Quella che sta vivendo questo luogo – dichiara in una breve nota – è una situazione molto complessa. Stiamo parlando di una parte fondamentale della storia di Roma e del movimento femminista italiano, un elemento d’identità culturale del Paese che deve essere trattato con rispetto e multa cura. Noi valuteremo come poter dare una mano per permettere a questa esperienza democratica di andare avanti per il bene di tutti». Certo suona quasi un paradosso che sia un uomo a ricordare la storia del femminismo italiano completamente tagliato fuori dai ragionamenti di una maggioranza che ha al suo interno molte donne, compresa una sindaca e che ha preferito la strada della burocrazia invece di quella del merito politico. Eppure, come dicono le amiche della Casa, se poco soddisfacente è stato l’incontro che si è svolto lunedì pomeriggio, il dato positivo è che dopo cinque mesi, «Virginia Raggi abbia deciso di confrontarsi direttamente». Nonostante appoggi la mozione di Gemma Guerrini, quindi senza una convergenza con quella che è l’esperienza politica di chi la Casa l’ha messa al mondo per tutte. Rendendola negli anni irrinunciabile. Altri attestati di stima e vicinanza arrivano anche dall’Angelo Mai che in queste ore sta attendendo di conoscere la propria sorte, comune a molti luoghi occupati a Roma e che il mondo ci invidia. Non solo a Roma, sia chiaro, visti i recenti episodi come quello che riguarda Palermo e l’Istituto Gramsci che rischia la chiusura in seguito alla notifica di sfratto da parte del Comune, dai locali storici dei Cantieri culturali della Zisa.

Si potrebbe nominare il caso di alcune realtà bolognesi e di chi, negli anni, si è dovuto sobbarcare l’onere, oltre la beffa, di una chiusura, interrompendo attività sociali e culturali che sono nutrimento della comunità. E bene comune, questo sconosciuto, di interi territori. Per fare poi la fine, come è già capitato, di diventare spazi sconfinati per roditori. Animali certamente dotati di acume ma non troppo avvezzi alla cura della politica cittadina. Figuriamoci ai bandi di gara.