Gli «indignados» del jazz romani passano dal confronto all’azione. È questo il significativo risultato della seconda riunione di un movimento di «autoconvocati», che ha preso le mosse dalla sparizione delle rassegne jazz storiche dall’estate romana per passare ad una critica forte e radicale alla gestione della cultura e della musica nella capitale (si pensi ai bandi), e in particolare, alla situazione di stallo della Casa del Jazz, priva di un direttore da gennaio.
Ieri associazioni e singoli musicisti, operatori, alcuni giornalisti (tra gli altri Daniela Morgia, Scuola Popolare di Musica di Testaccio e altre strutture didattiche, MIDJ Associazione Nazionale Musicisti Jazz, sigle del jazz «antagonista» capitolino, esponenti delle etichette discografiche indipendenti…) si sono voluti incontrare alla Casa del Jazz (chiusa) nello scenario «apocalittico» del post-festa del Pd, tra stand vuoti e operai che smontavano palchi.
Il 15-16-17 settembre si terrà una rassegna di «jazzisti indipendenti», ospitata da Eutropia presso la Città dell’Altra Economia, per dimostrare la vitalità della scena romana e il «sommerso» di creatività jazzistica che le istituzioni non fanno emergere; durante la tre giorni si terranno tavoli di discussione e confronto su argomenti scottanti (Enpals, Siae, musica dal vivo…), e soprattutto sulla proposta di una gestione democratica, inclusiva, aperta e trasparente della Casa del Jazz.
L’opinione prevalente, espressa nell’assemblea con circa ottanta presenti, è che la Casa del Jazz deve essere restituita a chi fa musica e cultura sul territorio e non diventare, secondo una logica privatistica, un concorrente per scuole e jazz club ma un luogo di confronto, ricerca, sperimentazione.
Accampati vicino all’ingresso della struttura destinata al jazz in base alla legge La Torre-Rognoni (bene di mafia sequestrato e destinato alla comunità), gli «autoconvocati» si sono confrontati usando un megafono e mettendo in comune non solo risentimenti e rivendicazioni ma una forte tensione costruttiva.
Si è anche parlato di occupare simbolicamente la Casa del Jazz ma, opinione di molti, è un gesto che si può fare solo avendo costruito un progetto forte e condiviso di gestione di quello spazio e solo con un movimento d’opinione il più ampio possibile. Fermi restano, comunque, i problemi legati alla gestione della Casa del Jazz da parte di Palaexpo e lo stallo tutto politico che la riguarda. Sono, tra gli altri (e mi scuso per chi non ho citato), intervenuti Morgia, Innarella, Marco Brezza, Massimo Carrano, Alberto Castelli, Ada Montellanico presidente di MIDJ, Marco Tocilj, un rappresentante di Controchiave, Paolo Cintio per la Spmt. Si è timidamente affacciata anche la politica con Silvio Di Francia (Pd, a titolo personale) e Giulia Urso, responsabile cultura del Pd romano, accusato in alcuni interventi di voler liquidare la Casa del Jazz. Assemblea e movimento avranno la prova del fuoco nella definizione di una propria identità (associazione di associazioni? Confluenza in MIDJ? Nuova associazione?) e nella realizzazione della tre giorni settembrina.