L’amministrazione Biden ha preso una decisione politica, giuridica e salomonica su quei 7 miliardi di dollari della Banca centrale afgana “congelati” nelle casse della Federal Reserve, dove si trovavano il 15 agosto quando i Talebani conquistarono Kabul.

Una scelta politica e giuridica che spezza in due gli asset congelati ma in realtà relativamente salomonica perché parte del denaro tornerà in Afghanistan ma non nelle casse del regime che ha vinto la guerra. Biden ha scelto di dividere il tesoretto in due parti eguali: 3 miliardi resteranno congelati in attesa che la magistratura americana decida sulle ragioni di 150 familiari delle vittime dell’11 settembre che hanno fatto ricorso rivendicando che una parte dei fondi li ripaghi della loro sofferenza. Gli altri 3 miliardi andranno invece in un fondo fiduciario: «Un trust fund da spendere per cibo e altra assistenza in Afghanistan, tenendolo fuori dalle mani dei Talebani», come ha scritto il New York Times che per primo ha dato conto della decisione presidenziale.

UN MECCANISMO non così semplice, perché la creazione di quel fondo e l’elaborazione dei dettagli legali potrebbero richiedere mesi. Resta dunque la punizione per il regime e un’attesa incerta sui tempi. Ma il presidente salva capra e cavoli: dopo mille pressioni restituisce i soldi agli afgani, anche se solo in parte e anche se non nelle mani dei suoi vincitori. Dall’altra garantisce una punizione ai nemici e riconosce il diritto ai cittadini americani di essere ripagati per la strage del 2001. Anche se non si sono prove che i Talebani siano stati parte del complotto per colpire le torri gemelle.

Una sorta di partita umanitaria che mette a posto la coscienza anche se non la pancia e le ferite degli afgani. A cui dovrebbe far fronte subito, oltre all’Onu che sta cercando in tutti i modi di far arrivare i “suoi” soldi in Afghanistan bypassando le sanzioni, la partita umanitaria che si è giocata in questi giorni a Ginevra, dove una delegazione talebana, su invito della ong elvetica Appel de Genève, ha avuto colloqui ad alto livello proprio per snellire le pratiche che, benché già ufficialmente sollevate da sanzioni, in realtà rallentano il flusso di denaro necessario a pagare stipendi e beni di prima necessità. L’Emirato islamico dell’Afghanistan ha «adottato una dichiarazione umanitaria che copre questioni cruciali tra cui la protezione e la fornitura di assistenza sanitaria e istruzione per tutti, rispetto delle questioni umanitarie e salvaguardia di ambiente e patrimonio culturale», fa sapere l’ong svizzera.

LA DELEGAZIONE TALEBANA in visita ufficiale in Svizzera comprendeva rappresentanti dei ministeri degli Esteri, degli Interni, della Sanità pubblica, della Difesa e della Giustizia.

Continuano intanto le pressioni per sapere che fine hanno fatto quattro donne afgane scomparse, solo per citare gli ultimi casi che riguardano attiviste (e cui si è aggiunto l’arresto di due giornalisti stranieri). Il regime promette che farà luce sui sequestri ma per ora – come per altre violazioni comprese le uccisioni extragiudiziali – il tunnel resta buio.

Errata Corrige

I soldi di Kabul bloccati nelle casse della Federal Reserve. L’idea di un “trust fund” da spendere in aiuti che escluda l’attuale regime. Ma 3 miliardi restano in “ostaggio” per i parenti delle vittime dell’11 settembre, anche se non ci sono prove del coinvolgimento dei Talebani