La card gialla per l’accredito del «reddito di cittadinanza» firmata Poste Italiane è arrivata anche al numero 1 della strada di Santa Teresa, a Bari. Lì, in un fazzoletto di terra a ridosso del quartiere Japigia, si trova l’unico campo rom autorizzato del capoluogo pugliese. Insieme ad altre 150 persone, tra roulotte e baracche costruite con materiali di fortuna e tanta dignità, vivono Danief (per tutti Daniel) e Ligia Tomescu. Negli ultimi giorni si è parlato molto dei due coniugi, «candidati rom» al consiglio comunale nelle fila di «Bari Bene Comune». Contro di loro sono partiti insulti da parte di politici locali vicini a Lega e Fratelli d’Italia, interrotti dopo un esposto presentato in questura dalla lista Bbc. Sui social la notizia ha diviso gli utenti, tra rigurgiti razzisti ed espressioni di soddisfazione per la presenza di abitanti del campo di Japigia nella contesa elettorale.

DANIEL E LIGIA hanno la cittadinanza rumena ma vivono in Italia dal 1999, quando fuggirono da un’ondata di razzismo contro le comunità rom durante la transizione post-comunista. Da oltre 10 anni hanno la residenza anagrafica e grazie a questo requisito, al pari degli altri cittadini europei, hanno potuto inoltrare la richiesta per il sussidio approvato dal governo Lega-5 Stelle. La card è arrivata l’altro ieri, una sola perché riguarda il nucleo familiare, e dà diritto a 527 euro mensili. «I cittadini della minoranza rom che hanno presentato la domanda per il reddito sono pochissimi – spiega Matteo Magnisi, attivista di lungo corso tra i sentieri del campo – Per loro le difficoltà a ottenere la residenza, che permette anche un pieno accesso al sistema sanitario, sono enormi».

PRIMA DI CHIEDERE IL SUSSIDIO Daniel si è dato da fare. Insieme ad altre persone ha creato la cooperativa Artezian, che si occupa di facchinaggio, riciclaggio, pulizia e pitturazione. L’impresa dà lavoro a diverse persone, ma in forma estremamente precaria e discontinua. La crisi economica e gli stereotipi diffusi non aiutano. Così ad alcuni mesi di buste paga si alternano lunghi periodi di disoccupazione. «Se viviamo nei campi dicono che siamo nomadi, se chiediamo una casa dicono che dobbiamo vivere nei campi – afferma Daniel – Se non abbiamo un’occupazione dicono che non vogliamo lavorare, se proviamo a farlo hanno paura che rubiamo e non si fidano. La mia candidatura serve anche a rompere questi pregiudizi. Spesso finiscono appena qualcuno ci conosce».

NEL POMERIGGIO DI OGGI presso la sede dell’associazione Eugema onlus, Daniel e Ligia parteciperanno alla presentazione del «Manifesto Romanipè 2.0» insieme al presidente della Fondazione Romanì Italia Nazzareno Guarnieri. Tra le proposte principali, un nuovo paradigma delle politiche sociali per aumentare i livelli di istruzione, combattere la segregazione e mettere fine agli sgomberi senza soluzioni alternative. «Housing first», la casa prima di tutto, è anche un punto del programma dei coniugi Tomescu.