Luisa Albera parla con la voce rotta dalla stanchezza e più di una sfumatura di preoccupazione. La raggiungiamo con una telefonata via internet, è sul ponte della nave Ocean Viking, partita da Marsiglia il 27 giugno scorso e impegnata in sei soccorsi nel Mediterraneo centrale tra il primo e il cinque luglio. A bordo ci sono 572 naufraghi, stremati dalla Libia, dalla navigazione, dal sole. Albera ha inoltrato personalmente quattro richieste di Place of safety (Pos), di un luogo sicuro di sbarco. Mentre scriviamo, però, non c’è ancora stata alcuna risposta dalle autorità maltesi, ma soprattutto da quelle italiane. Non è un mistero che l’isola che ha per capitale La Valletta è grande un quarto del territorio di Roma e ha un centoventesimo della popolazione italiana: non può rispondere ai flussi diretti verso l’Europa.

Luisa Albera, capomissione di Ocean Viking / Sos Mediterranée

Com’è la situazione a bordo?

L’equipaggio di Sos Mediterranée fa turni di 24 ore per gestire il gran numero di persone e le tensioni che inevitabilmente si vengono a creare. Non è una situazione normale, non la augurerei a nessuno. Fa molto caldo. Oggi non c’era vento. Abbiamo messo dei teloni per provare a fare ombra. Le persone sono stremate. Arrivano da una situazione di disagio, dai centri di detenzione libici, dal viaggio. Un’imbarcazione era stata in mare per tre giorni: erano completamente disidratati.

Ci sono problematiche particolari?

Nel primo soccorso due famiglie avevano dei ragazzi disabili fisicamente e mentalmente. Il più grande di 16 anni, il più piccolo di 10. Uno è sulla carrozzina e l’altro ne ha bisogno. C’è una donna incinta di nove settimane che sta soffrendo molto il mal di mare. Non sta bene. Abbiamo altre persone che soffrono problemi cronici causati dai maltrattamenti subiti. C’è gente che ha avuto attacchi di panico, gente che è collassata. A parte i casi medici c’è una situazione generica di malessere. Nessuno può stare bene su un’imbarcazione che rimane in mare aperto in attesa di un luogo di destinazione. Quest’incertezza ti distrugge.

Secondo le convenzioni internazionali il Pos deve essere assegnato nel più breve tempo possibile. Questo ritardo sta creando dei rischi?

I rischi sono dettati dalle tensioni che ogni giorno crescono per lo spazio limitato, la temperatura, il malessere presente ancor prima di salire a bordo. La situazione può solo degenerare, non migliorare. Abbiamo soccorso queste persone sperando di poter dar loro una nuova dignità. In questo modo, invece, viene loro sottratta un’altra volta.

Avete chiesto all’Unione Europea di coordinare lo sbarco dei 572 naufraghi, ma il portavoce della Commissione Adalbert Jahnz ha fatto sapere che «la Commissione non ha la competenza di indicare il luogo di sbarco». Volete dire qualcosa al governo italiano?

Al governo italiano abbiamo rivolto le nostre richieste ufficiali per ben quattro volte. A ogni richiesta è allegato il riepilogo dettagliato delle condizioni a bordo, di quelle meteomarine, della disponibilità di cibo, del report medico. Ogni mattina prima di mezzogiorno ricevono l’aggiornamento: sanno esattamente com’è la situazione a bordo. Non capisco per quale motivo ci tengano in mare senza assegnarci un porto.

L’Italia come ha reagito alle vostre comunicazioni?

Dicendo che il centro di coordinamento marittimo di Roma (Mrcc) non ha coordinato nessuna delle operazioni di ricerca e soccorso (Sar) perchè non erano nella zona di ricerca e soccorso italiano. Per carità, è vero. Ma è anche vero che è un Mrcc più in grado di assistere di quello maltese o libico. Se Mrcc Roma non può rispondere alla nostra richiesta potrebbe assumersi la responsabilità di inoltrarla a qualsiasi altro centro marittimo in grado di assisterci. La prima richiesta di Pos è stata rivolta ai centri di coordinamento competenti, cioè Malta e Libia, perchè i casi Sar sono stati nelle loro aree di competenze. Dopodichè ho chiesto direttamente all’Italia, con Malta e Libia in Cc per tenerli a conoscenza.

E se avesse risposto la Libia?

In passato lo ha fatto, dandoci come porto di sbarco Al Khums o Tripoli. Chiaramente secondo la Convenzione di Amburgo quelli non sono luoghi sicuri e quindi abbiamo declinato.

Invece Roma cosa ha risposto alle richieste di Pos?

Prima ci ha chiesto di rivolgerci al nostro Stato di bandiera, la Norvegia, per cercare coordinamento e assistenza. La Norvegia ha detto di aver inoltrato la richiesta all’ufficio competente. Dopo l’ultima richiesta di Pos l’Italia ci ha fatto sapere che la nostra richiesta è stata inviata alle autorità nazionali competenti. Sono le ultime due risposte negative che ho avuto.

Ma il Pos non c’entra nulla con lo Stato di bandiera. Deve essere nel luogo di sbarco più vicino…

Il Pos deve essere innanzitutto un posto sicuro e quindi non in Libia. E poi deve essere il più vicino possibile alla rotta della nave. Nel nostro caso, andando verso nord dalla Libia, ci sono Malta o l’Italia. Non si possono far aspettare queste persone così tanto, in simili condizioni, senza sapere dove andare per un tempo indefinito. Quanto può durare? Nel passato lo stallo è andato avanti anche per 14 o 21 giorni. Sicuramente da venerdì avremo problemi di derrate alimentari. Venerdì è l’ultimo giorno in cui possiamo distribuire i kit col cibo per 24 ore. Sabato rimarrano solo noccioline e biscotti. Questa situazione è chiara alle autorità italiane. Non è una sorpresa che verrà fuori all’ultimo.

 

CORREZIONE

Le derrate di cibo termineranno venerdì e non domani, come inizialmente indicato.