«Il tampone a tutti è una doppia idiozia: primo, perché anche quando l’hai fatto lo devi rifare dopo 15 giorni, poi perché è impensabile farlo a 6 milioni di campani. Inoltre i tamponi non ci sono, è uno dei ritardi che registriamo nelle forniture nazionali»: il presidente della regione, Vincenzo De Luca, ha ribadito ieri la sua opposizione allo screening di massa su modello veneto.

«Abbiamo avuto un ritardo – ha poi aggiunto – perché, uscendo da dieci anni di commissariamento, avevamo un solo laboratorio per processare i tamponi, all’ospedale Cotugno di Napoli. In due settimane ne abbiamo aperti dieci, ma abbiamo ancora un arretrato accumulato. Alcuni cittadini ci hanno detto che aspettano il risultato dai 4 ai 5 giorni, è una criticità vera».

La Protezione civile ieri ha spiegato che il totale dei tamponi fatti a livello nazionale è di 619.849, in Campania fino a giovedì se ne contavano 19.237, cioè circa il 3% del dato generale. Siamo comunque passati da un centinaio al giorno a circa 1.500 e la regione ha pubblicato un bando per coinvolgere anche i laboratori privati.

«CAMPANIA ULTIMA per tamponi», attaccano le opposizioni. «Il numero è ancora scarso rispetto a molte altre realtà – ha commentato la capogruppo 5S in regione, Valeria Ciarambino – ma non è chiaro perché non si sia prima esaurita la domanda di tantissimi laboratori pubblici, che chiedono di essere coinvolti». Per il Movimento il problema comincia molto prima: «Le procedure per i prelievi sono troppo macchinose, l’assistenza domiciliare è ferma all’anno zero – prosegue Ciarambino -. Da noi il rapporto tra ricoverati in terapia intensiva e ricoverati totali è del 25%, mentre in Emilia è dell’8%. Questo perché i nostri pazienti arrivano in ospedale quando le loro condizioni sono già compromesse». A De Luca hanno presentato un piano: «Gli ambulatori delle Asl sono fermi, attiviamo squadre di medici e infermieri con fonendoscopio, saturimetro ed ecografo portatile così da poter combattere il Covid-19 casa per casa».

IL PIANO DI MEDICINA TERRITORIALE era stato fatto nel 2016 dal commissario Joseph Polimeni, De Luca ai tavoli nazionali lo ha definito «un libro dei sogni». Per risalire nelle griglia dei Lea (i livelli essenziali) ne ha redatto uno nuovo nel 2019, mai applicato. «I cittadini cronici con patologie gravissime – spiegano i 5S -, sono assistiti da strutture private in appalto: infermieri interinali o a partita Iva, che cercano di lavorare tante ore per sopravvivere. Con la pandemia ci siamo ritrovati scoperti». La sorveglianza attiva si riduce a un paio di chiamate a casa al giorno dalle Asl ma nessuno controlla la saturazione o lo stato dei polmoni.

«Dal 14 marzo in poi – proseguono – l’obiettivo non è più stato contenere il contagio ma minimizzare l’urto con il distanziamento sociale». I tamponi domiciliari li faceva il 118, poi sono subentrate le Usca, unità speciali di continuità assistenziale, un camper con personale sanitario. Dovrebbero essere uno ogni 50mila abitanti, nell’Asl Napoli 1 sono solo 5. «Persone con i sintomi aspettano il tampone oltre dieci giorni, abbandonati a casa. Gli asintomatici a contatto con il pubblico non vengono testati – conclude Ciarambino -, reggiamo perché molti muoiono prima di arrivare in ospedale».

TERAPIE INTENSIVE, altro tema: il piano ospedaliero della Campania, in base alla popolazione, prevede circa 620 posti letto. Nel 215 erano 477; nel 2018 con De Luca 417. Il 7 marzo scorso il piano di potenziamento anti Covid ne contava attivi 335. «Il governatore – conclude Ciarambino – ci ha fatto cominciare l’emergenza con la metà dei posti necessari in tempi normali».