I nuovi positivi al Covid ieri in Campania sono stati 4.309 (299 sintomatici) su 22.696 tamponi; 15 i decessi, 984 i guariti. In terapia intensiva erano in 179, 590 i posti disponibili su base regionale; 1.756 di degenza occupati su 3.160 disponibili. La Campania è seconda per numero di positivi (65.506) ma il 97% è in isolamento a casa. Questi i numeri dell’Unità di crisi regionale mentre prosegue la polemica sulla Campania zona gialla. «Vi prego, fate un lockdown personale per tutelare voi stessi e gli altri. Stiamo facendo l’impossibile assistendo i malati fin dentro le auto e le ambulanze in fila, il personale è al limite»: è l’appello del dg dell’Azienda dei Colli (che comprende il Cotugno), Maurizio Di Mauro.

Mancano 15mila unità di personale in regione causa dieci anni di commissariamento, su questo deficit si è abbattuto il virus. Spiega il sindacato Nursing up: «Sono 14.321 gli operatori sanitari contagiati in Italia negli ultimi 30 giorni, circa 7mila infermieri. La Campania è ai primissimi posti con 536 casi. Prima registravamo episodi allarmanti nella provincia di Napoli, ora a preoccupare sono anche Benevento e Caserta. Nel primo caso abbiamo un dilagare di contagi nel privato».

Il consulente del ministero della Salute, Walter Ricciardi, ripete da giorni: «I dati di Napoli sono probabilmente sottostimati, bisogna prendere misure più energiche». Ma lo stesso ministero ha deciso per l’inserimento in zona gialla della Campania poiché «l’indice di trasmissibilità Rt è più basso rispetto alla Lombardia o alla Calabria» (1,29 con rischio «moderato»), lasciando alle regioni le decisioni sulle province. Ma il fisico Giorgio Parisi: «La Campania non fornisce alcune informazioni cruciali, ogni stima del valore di Rt è assolutamente inaffidabile».

Il governatore Vincenzo De Luca venerdì ha commentato: «Per evitare che chi è rimasto deluso cominci una litania, vi ricordo i dati. In terapia intensiva la Lombardia ha 532 pazienti, il Piemonte 279. La Campania 174. I deceduti lombardi sono 18mila, in Piemonte 4.520. In Campania 756». Eppure ieri Italo Giulivo, coordinatore dell’Unità di crisi regionale, ha commentato: «Con i nuovi dati sarei perplesso se dovessimo rimanere zona gialla». Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris: «Gli ospedali sono al collasso. I dati forniti non sono quelli reali». Ma ha poi aggiunto di non poter chiudere i luoghi della movida, come chiesto da De Luca: «È una strada quasi impraticabile. Ci vuole responsabilità e più polizia».

Si contano i numeri, si perde di vista la salute. Giovanna è infermiera a Napoli. Due settimane fa un suo amico è stato male: «Temevamo fosse Covid. L’ambulanza del 118 è arrivata, il personale l’ha convinto a non andare in ospedale: “Vai fuori regione, rischi di contagiarti in corsia” gli ripetevano. Le stesse parole che si è sentito dire mio padre 15 giorni dopo».

Il padre di Giovanna (69 anni e nessuna patologia) sei giorni fa ha la febbre, era stato a contatto con un positivo: «Gli ho fatto cominciare il protocollo con azitromicina e cortisone. Il medico di famiglia ci ha detto che per un tampone ci sarebbero voluti 20 giorni, ci siamo rivolti al privato (70 euro senza fattura): hanno sbagliato la procedura contaminando il test con la saliva, è risultato negativo. Ha cominciato ad avere problemi respiratori, abbiamo cercato una bombola di ossigeno ma non si trovano in tutta Napoli e provincia. Venerdì la saturazione era a 84, ieri mattina alle 8 gli ho detto di chiamare il 118». L’ambulanza con due infermieri è arrivata alle 11.30, gli hanno dato l’ossigeno, è stato meglio ed è partito il solito discorso: «La portiamo fuori regione, se la ricoverano si infetta e muore».

Giovanna, che era a telefono, è stata irremovibile, alle 12 ha raggiunto il padre, alle 12.30 era in ospedale: «Mi hanno detto che avevano direttive dall’alto di non portare pazienti in ospedale, che stava meglio. Non sono medici, non hanno titolo a fare diagnosi. Al pronto soccorso mio padre è risultato positivo, gli hanno dato l’ossigeno, aveva ancora solo 89 di saturazione. Non ce l’ho con i colleghi delle ambulanze private, che faticano per 30, 35 euro al giorno, e sono obbligati a comportarsi in certi modi. Gli altri familiari raccontano la mia stessa esperienza ma devono sapere che questa non è la procedura corretta».