Una veduta di Portofino affollato di yacht. Così Spiegel on line illustra un editoriale di Jan Fleischauer (giornalista passato dalla sinistra a posizioni decisamente conservatrici) dedicato agli «scrocconi italiani».

L’articolo si apre su una descrizione delle alpi svizzere infestate, si dice, dagli chalet dei milanesi disegnati da illustri architetti.

Tanto basta per sostenere che «gli italiani sono più ricchi dei tedeschi», disponendo le famiglie, in media, di un patrimonio di 275.000 euro, e cioè 80.000 in più della media tedesca.

Cifre che non significano nulla, sorvolano sulle enormi crescenti diseguaglianze e sofferenze sociali che affliggono l’Italia come la Germania, e istituiscono quel fittizio noi (contro loro) che sta alla base di ogni ideologia nazionalista.

Segue il consueto repertorio dell’evasione fiscale come sport nazionale del «dolce far niente» e via dicendo. Scrocconi che, a differenza dei mendicanti, non dicono neanche grazie.

Non ci sono, insomma, solo gli «ammonimenti» e le «preoccupazioni» di Bruxelles, i giudizi severi di esponenti politici e analisti economici tedeschi, ma assistiamo anche all’avvio di quella mobilitazione mediatica dell’opinione pubblica che già fu indirizzata con successo contro le «cicale» di Atene ai tempi della crisi greca.

Colpevoli di minacciare la rendita finanziaria dei risparmiatori tedeschi, che possiederanno pure 80.000 euro in meno degli italiani, ma sui non pochi interessi che incassano non fanno sconti a nessuno.

Tuttavia, il vero bersaglio dell’editoriale è il governatore della Bce Mario Draghi reo di essersi messo in pancia con il quantitative easing montagne di titoli emessi dagli «scrocconi» che ora chiederebbero impudentemente di non contabilizzarli.

È lui, il governatore italiano, che metterebbe a repentaglio la rendita finanziaria tedesca con la pretesa di salvare la moneta unica a ogni costo.

L’accusa fa eco alla minacciata eventualità che la Bce debba subordinare a un giudizio sull’affidabilità dei governi l’ulteriore acquisto di titoli di stato.

I toni sprezzanti e la narrazione centrata sul popolo scroccone che vorrebbe vivere alle spalle di quello laborioso tradiscono l’impianto volgarmente nazionalista di questa propaganda d’oltralpe del tutto speculare a quella sbraitata da Matteo Salvini.

Al «prima gli italiani», risponde il «prima i tedeschi».

In entrambi i casi è l’Europa come dimensione cooperativa e comune il bersaglio delle «priorità nazionali» che si combattono fra loro, per il momento a colpi di invettive.