Con la solita solerzia, all’una e mezzo spaccata, la polizia lancia i primi lacrimogeni sulla manifestazione che si appresta a partire nel centro di Lille, a qualche centinaio di metri dal grande meeting di Éric Zemmour. Sinistra radicale, collettivi antifascisti e sindacati vari si sono dati appuntamento per contestare la venuta del candidato di estrema destra. Al mattino, poche ore prima, era stato il turno di Martine Aubry, sindaca socialista della città, e dell’associazione Sos Racisme.

Poco più di un migliaio di persone riempiono la piazza, ricomponendosi velocemente una volta passato il primo gas. Ci sono sindacalisti, studenti, anche alcuni gilet gialli, come Hubert, 57 anni, «cittadino in collera» venuto addirittura dalla Normandia. Spaventato dalla «violenza delle milizie di Zemmour», ha tenuto a fare la trasferta, «disgustato dall’uomo e dal suo razzismo». Un gruppo di ragazze si agita dietro a un cartello con su scritto, «aprite le frontiere: bisogna cacciare i fascisti». Amy, 23 anni, sciorina per un buon minuto tutto il disgusto che le provoca Zemmour, «un criminale» (è stato effettivamente condannato più volte per incitamento all’odio razziale e/o religioso).

Appena 500 metri di percorso ed ecco che di nuovo piovono lacrimogeni. Più o meno regolarmente, a seconda d’imperscrutabili valutazioni poliziesche, i gas avvolgono il piccolo corteo, che avanza arrancando, una nube dopo l’altra. Così è questa bizzarra campagna elettorale francese, soprattutto quando c’è Zemmour nei paraggi, tra polizia e contestazioni.

Appena qualche giorno fa, Zemmour ha dovuto annullare la visita prevista per mercoledì prossimo a Montreuil, città della banlieue parigina della quale è originario, dove avrebbe dovuto registrare una trasmissione tv.

Dapprima lo studio ha rifiutato di affittare lo spazio: «I nostri valori sono all’opposto dei propositi del candidato dell’estrema destra», hanno scritto i titolari in un comunicato. Poi, il sindaco comunista, Patrice Bessac, ha annunciato una manifestazione in concomitanza con la trasmissione, e alla fine l’équipe di Zemmour ha gettato la spugna.

«Fare blocco» come recita l’enorme striscione nero che apre il corteo, a volte funziona. A Lille, tuttavia, «non è certo un successo di folla», dice Marc*, militante de L’Offensive, un collettivo antifascista ed ecologista locale. «In questo momento c’è un’egemonia culturale di estrema destra in Francia» dice, «e non riusciamo più a mobilitare attorno all’antifascismo ‘morale’ come in passato». Come, per esempio, nel 2002, quando le piazze francesi si riempirono per protestare contro l’arrivo del Front National al secondo turno delle presidenziali.

Poco distante, al Grand Palais, una folla considerevole fa la coda per entrare al meeting. Zemmour fa il suo ingresso in mezzo alla folla, come al solito delirante nonostante l’ora e mezzo di ritardo, nell’ormai abituale dispositivo ben coreografato. La sala è piena, a riprova che la macchina organizzativa è ben oliata e funziona a pieno regime.

L’uomo, di piccola statura, si staglia sullo sfondo composto da tre grandi scritte, «Impossible n’est pas français» (impossibile non è francese). L’effetto sarebbe comico, s’egli non fosse il retore di una destra neo-fascista, il cui obiettivo dichiarato è «l’alleanza della borghesia patriota con il popolo patriota» (possibilmente, contro lo straniero).

Le prime parole danno il tono e insieme le ragioni di questa visita a Lille. Zemmour apre omaggiando una poliziotta ferita il giorno prima, investita da un automobilista durante un controllo. Ci tiene a «ringraziare le forze dell’ordine, so che molti agenti sono oggi qui tra noi». Incipit inquietante, al quale fa seguito una mielosa rievocazione del passato industriale della regione, dei bei tempi dei trente glorieuses (come chiamano in Francia gli anni ’45-75), un chiodo fisso della sua campagna.

Oggi, tuttavia, il destinatario non è solo il pubblico in sala, o i manifestanti all’esterno, ma anche – forse soprattutto – Marine Le Pen, anch’essa impegnata in un comizio che il Rassemblement National (Rn, ex-Front National) ha organizzato a Reims, 200 km più a sud.

Anche Reims è in piena regione ex-industriale e, come la regione attorno a Lille, è un bacino di voti storico del Rn. Il confronto tra i due candidati della destra identitaria non è mai stato così serrato come in questi giorni: entrambi vengono dati attorno al 15% nei sondaggi, a pochissima distanza da un possibile e clamoroso secondo turno.