Nel quinto natale di crisi nei palazzi romani c’è un’aria da monastero. Dal bilancio della Camera sono stati tagliati 150 milioni di euro in tre anni (il 5% su una spesa di 1 miliardo di euro all’anno), mentre il segretario generale della presidenza del consiglio dei ministri Roberto Garofoli ha firmato una circolare in cui si chiede ai dipendenti di palazzo Chigi di rifiutare regali costosi «per il rigore imposto dalla delicatezza e difficoltà del momento». Il bilancio di previsione 2014 della Camera, approvato ieri dall’ufficio di presidenza su proposta del Collegio dei Questori, contiene tagli aggiuntivi ai 32,7 milioni di euro già tagliati rispetto al 2012. Il prossimo anno le spese diminuiranno di 17,4 milioni e così fino al 2016 (50 milioni in meno).

«La Camera – ha detto la presidente Laura Boldrini – prosegue nella linea dei risparmi e della sobrietà. Misura dopo misura dobbiamo continuare a dare risposte rispettose del malessere sociale». A marzo 2014 sono state annunciate ulteriori misure, visto anche che il taglio annunciato ieri sarebbe inferiore di circa 17 milioni rispetto a quanto previsto nel bilancio di previsione del 2012.

Secondo il rapporto finale del Centro Studi di Confindustria i 945 parlamentari italiani sono i più pagati d’Europa. Nel 2012 il loro stipendio era pari a 4,7 volte il Pil pro-capite contro l’1,8% del Regno Unito. Contando i rimborsi spese, i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali e le spese di trasporto il rapporto sale a 9,8 per gli italiani e al 6,6 per gli inglesi. Viale dell’Astronomia detta la ricetta: ridurre del 30% l’indennità dei parlamentari e poi ridimensionarne il numero. Duecento? Trecento parlamentari in meno? Gli industriali non lo dicono. In compenso suggeriscono di riformare le pensioni di deputati e senatori, abolire i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali, le spese di trasporto, anche se gli industriali suggeriscono di mantenere la diaria o introdurre in alternativa un tetto massimo alle spese rimborsabili. Così facendo il risparmio sarebbe pari a un miliardo di euro. E questo per il parlamento. Perché, continua Confindustria, se si volessero tagliare i costi della politica a tutti i livelli, allora i risparmi arriverebbero a 22 miliardi di euro. Come si ottiene questa cifra? Tagliando la spesa in comuni e regioni, dando per abolite le province, cancellando 7700 società partecipate dalla pubblica amministrazione. Non è chiaro dove e come questi soldi dovrebbero essere reinvestiti, se alle imprese o ai lavoratori. Oppure nel fondo per il taglio al cuneo fiscale «svuotato» nella legge di stabilità. Resterà un rebus in un’economia a crescita zero ( o poco più). In questo dibattito è del tutto esclusa, ad esempio, la possibilità di una patrimoniale sul 10% più ricco di italiani (4 milioni di persone) che oggi possiede il 34% del reddito nazionale. Potrebbe essere una strada più veloce, ed equa, per reperire risorse rispetto ai tagli fin qui prospettati. Ieri c’è stata una nuova retromarcia sul recesso dai contratti di affitto dei «palazzi del potere» entro il 31 dicembre 2014, con preavviso di trenta giorni. Si tratta degli uffici affittati dai Comuni, dalle Regioni e Stato. L’emendamento del parlamentare 5 Stelle Riccardo Fraccaro era stato cancellato al Senato da un emendamento Pd contenuto nel «decreto Salva Roma», ma è stato ripristinato. I 5 Stelle non perdono tempo e attaccano il partito di Renzi: «Prima vota a favore delle slot machine e poi se ne pentono. Ora tocca ai costi della politica».