Non più di cinquanta persone in aula, niente emendamenti, un solo voto, nessuna possibilità per i deputati di incontrarsi nei corridoi, niente giornalisti in Transatlantico, vietato prendere la parola per qualsiasi argomento diverso da quello all’ordine del giorno. Che non è l’emergenza coronavirus, ma più prosaicamente il taglio del cuneo fiscale, ultimo provvedimento dell’epoca pre virus rimasto nel calendario. Oggi sono le strategie per non rischiare il contagio a dettare legge e la camera dei deputati aggiunge a queste nuove disposizioni la conferma dell’auto decimazione dei gruppi parlamentari. Stamattina sono autorizzati a far intervenire solo il 55% dei loro componenti, così da raggiungere (a stento) il numero legale. Tutti gli altri a casa, «assenza giustificata».

Gli «aspetti organizzativi» comunicati ieri a tutti i deputati faranno venire qualche dubbio anche ai più tenaci avversari dei lavori parlamentari a distanza: la camera che si riunisce stamattina è solo una messa in scena dell’istituzione che va avanti a lavorare malgrado l’emergenza e non molla il timone della democrazia parlamentare. Tirato giù il sipario se ne parlerà alle 15.00 nella riunione della giunta per il regolamento, dedicata però solo ad allargare l’accesso alle videoconferenze per le commissioni. Possibile che sia insediato un comitato tecnico per studiare qualche passo in avanti anche per l’aula.

Ci saranno meno di cinquanta persone, compresi i rappresentanti del governo, nell’aula che dovrebbe ospitarne 630, durante la discussione generale. E solo un deputato o una deputata alla volta quando si tratterà di esprimere l’unico voto, allineati dai commessi all’ingresso e divisi in otto gruppi alfabetici convocati a scaglioni ogni quarto d’ora per evitare avvicinamenti pericolosi. Il risultato è un paradosso. Proprio le misure di sicurezza ritenute necessarie (da tutti) per consentire la convocazione fisica della camera avvicinano il palazzo a quel «votificio» che i contrari alla partecipazione da remoto vogliono scongiurare. La soluzione non è replicabile per i provvedimenti che l’opposizione volesse decidere di contrastare – oggi ha accettato di non presentare emendamenti – o al senato dove il margine della maggioranza è tale che non si può rischiare di alterare i numeri. Sempre che non ci pensino il virus e le quarantene ad alterare, a caso, la rappresentanza.

Sul parlamento mortificato planano i 5 Stelle, Deputati e senatori si riducano – dimezzandolo – lo stipendio, propone Vito Crimi. Che fa i conti un po’ all’ingrosso e calcola 60 milioni di risparmi l’anno da destinare alla lotta al coronavirus. Briciole, forse, ma la cosa interessante è che Crimi scrive di 5mila euro al mese a deputato, che non è la metà ma l’intero ammontare dell’indennità parlamentare. Segno che il taglio dovrebbe colpire le altre voci, la più consistente della quali va a coprire gli stipendi di collaboratori e uffici. Se ne potrebbe parlare, ma non oggi. L’emergenza coronavirus è fuori dall’ordine del giorno.