L’Adriatic Arena chiusa, il Teatro Rossini aperto con la platea convertita in golfo mistico e i posti nei palchetti dimezzati, la 41esima edizione del Rossini Opera Festival di Pesaro, piccola e discreta, si impone per il suo coraggio. Nonostante l’ovvia impossibilità di pianificare incassi di rilievo, il Festival non solo non ha giocato in ritirata annullando tutta la programmazione come altri festival, ma è riuscito a costruire un cartellone di tutto rispetto.

ASSIEME a cinque recital singoli (Peretyatko, Alaimo, Pratt, Flòrez e Deshayes) e uno di gruppo («L’Abc del buffo», con Antoniozzi, Bordogna, Corbelli), al riallestimento de Il viaggio a Reims con gli ex allievi dell’Accademia e all’esecuzione della Petite messe solennelle (nella versione originale per due pianoforti e harmonium) in memoria delle numerose vittime pesaresi del Covid-19, è stato messa in campo uno spettacolo nuovo, in coproduzione con l’omanita Royal Opera House Muscat, che unisce la prima opera assoluta di Gioachino Rossini, la farsa comica in un atto La cambiale di matrimonio, che ha debuttato al Teatro San Moisè di Venezia nel 1810, e la tarda «cantata a voce sola» Giovanna d’Arco, composta verosimilmente a cavallo del 1850 e eseguita per la prima volta a Parigi nel 1859.

DUNQUE gli albori e il tramonto della scrittura vocale rossiniana, l’esordio dello sconosciuto compositore appena diciottenne nel mondo dell’opera e il peccato di vecchiaia del mito che dopo il Guillaume Tell (1829) si è definitivamente ritirato da quel mondo in corsa verso un futuro che non gli appartiene. Due esecuzioni filologicamente interessanti: quella de La cambiale di matrimonio, di cui non si è conservato l’autografo, feconda lo spartito tradizionale di Ricordi con alcuni spunti che Eleonora di Cintio, curatrice dell’edizione critica dell’opera in corso di realizzazione per conto della Fondazione Rossini, desume dal raffronto tra le diverse fonti superstiti, reintegrando alcuni passaggi interessanti; quella di Giovanna d’Arco rimpolpa la scarna scrittura per piano di Rossini attraverso l’elaborazione per orchestra approntata da Salvatore Sciarrino nel 1989. La voce sicura di Marianna Pizzolato impersona la tragica Giovanna decisa ad andare in guerra e piangente per la madre addolorata.

Quanto a La cambiale di matrimonio, palinsesto delle altre quattro farse prodotte da Rossini per il San Moisè nell’arco di appena un paio d’anni (L’inganno felice, La scala di seta, L’occasione fa il ladro, Il signor Bruschino), considerato che qui il compositore – come ebbe a scrivere Stendhal – «non ardiva ancora cercare di piacere solo a se stesso», ma era preso dal desiderio di compiacere committenti e pubblico, assecondando perciò docilmente la struttura drammaturgica che gli offriva l’espertissimo librettista Gaetano Rossi, Dmitry Korchak dirige con mano ferma, cercando suoni limpidi e rotondi: in assenza dei proverbiali crescendo e del concertato previsto a tre quarti di ogni farsa, la struttura risulta lineare, ma per niente banale nel tratteggiare, al di là degli equivoci di prammatica, la condizione della donna (trattata come merce) e dello straniero (trattato come selvaggio).

DELIZIOSA Giuliana Gianfaldoni nel dare voce all’amorosa Fannì; prestante Iurii Samoilov nell’impersonare il canadese Slook; irresistibile come sempre Carlo Lepore nel dare corpo al vecchio brontolone Tobia Mill; in parte anche Davide Giusti (Milfort), Martiniana Antonie (Clarina) e Pablo Gálvez (Norton). Briosa e intelligente la regia di Laurence Dale; accattivante e funzionale la macchina scenica di Gary McCann.
Anteprima per il pubblico stasera alle 20:30 al Teatro Rossini.