La repubblica di California, passata di recente al quinto posto delle economie mondiali, e l’America di Trump sono sempre più in rotta di collisione – un contenzioso fisiologico fra la patria solare e multietnica dell’innovazione high tech e il fosco regime suprematista e nazional populista, alimentato a bibbie e carbone, istaurato dal presidente. E soprattutto su ambiente è scontro ormai aperto.

Ad inizio maggio la California ha formalizzato una querela contro il governo federale per ribadire il diritto dello stato più popoloso dell’Unione a formulare in autonomia le proprie norme di protezione ambientale. La causa che dovrà venire aggiudicata da un tribunale federale rappresenta il trentaduesimo contenzioso giudiziario aperto dalla California contro il governo di Washington, ed è paradigmatica dello scontro costituzionale che si profila sulle politiche anti ambientali di Trump e sulle regole del federalismo. In questo quadro la California si profila sempre come polo anti Trump. Per organizzare la resistenza è stato nominato attorney general dello stato Xavier Becerra, agguerrito riformatore sociale di un distretto ispanico di Los Angeles, e per rinforzo è stato ingaggiato come consulente legale Eric Holder, ex ministro di giustizia di Obama. I due hanno il compito di coordinare la querelle con Washington che verte principalmente su immigrazione ed ecologia.

In virtù anche del famigerato smog che affligge soprattutto il popoloso sud dello stato, l’impegno per ripulire l’aria qui ha radici storiche e bipartisan. Fu addirittura Ronald Reagan, non proprio un estremista di sinistra, a istituire negli anni ‘60, da governatore dello stato, l’ente per il monitoraggio dell’aria. Quell’organo (il California Air Resources Board) gode di forte autonomia e ha l’obiettivo dichiarato di ridurre l’inquinamento fino al 40% sotto i livelli del 1990 entro il 2030. Con questo mandato l’ente ha autonomamente stabilito normative anti inquinamento più severe di quelle imposte a Washington dalla Epa (Environmental protection agency).

Il direttore messo a capo di quell’agenzia da Trump intanto è Scott Pruitt, che in precedenza è stato consulente legale dell’industria petrolifera, col compito ad esempio di querelare lo stesso dicastero che ora dirige. Pruitt è incaricato dell’attacco trumpista all’ambiente e sostanzialmente della rottamazione dello stesso Epa. Una delle cause di Becerra lo chiama direttamente in causa, chiedendo la pubblicazione degli atti che legano il presunto difensore dell’ambiente alla lobby petrolifera. Intanto dopo l’uscita dagli accordi di Parigi la “nuova” Epa di Pruitt ha annunciato la fine anche dei limiti alle emissioni industriali varate da Obama.

L’attuale contenzioso verte però sulle emissioni automobilistiche su cui la California ha un esercita un ruolo fuori misura, non solo come laboratorio di innovazione tecnologica, ma soprattutto in virtù dei 40 milioni di abitanti, che ne fanno il maggiore mercato automobilistico, e di fatto obbligano i costruttori ad adeguare la produzione nazionale alle norme di efficienza in vigore nel Golden State. Per effetto delle leggi californiane le auto americane sono passate dai consumi antidiluviani dei 5 km/litro nel 1975 agli attuali 16 km/litro. Il prossimo obbiettivo stabilito dalla California è di 25km/litro entro il 2030.In anni recenti l’Air Resources Board, ha anche imposto l’obbligo di commercializzare una percentuale di veicoli ad emissione zero incentivando il maggiore mercato occidentale per le auto elettriche. È la regola che ha notoriamente obbligato ad esempio la Fiat Chrysler a produrre 500E per il mercato californiano con grande insoddisfazione di Sergio Marchionne che non perde occasione per lamentare l’imposizione che a suo dire costerebbe all’azienda 20 mila dollari di perdita su ogni vettura venduta. Tuttavia, malgrado le rimostranze, la Fiat Chrrysler come tutti gli altri marchi mondiali ha finora impostato le proprie strategie di produzione attorno alle vetture alternative, principalmente ibride ed elettriche.

Ma i profitti delle case automobilistiche, salvate con fondi pubblici da Obama nel 2008, grazie anche ai prezzi della benzina tenuti artificialmente bassi, provengono ormai quasi interamente dai segmenti meno efficienti: Suv e pickup. Lo scorso mese la Ford ha annunciato addirittura l’intenzione di cessare in toto la produzione di berline (eccetto la Mustang) e invece di sbandierare i prototipi elettrici, i dirigenti festeggiano la deregulation trumpista col presidente.
Paradossalmente la California si trova improvvisamente ad avere una maggiore affinità con le politiche antismog di Pechino che con quelle di Washington e il governatore Jerry Brown, formatosi politicamente nella contestazione alla guerra del Vietnam e nella militanza ecologica degli anni 70, inveisce da mesi contro la follia revisionista di Trump:  «la posizione anti-scienza ed anti-realtà» del presidente  secondo Brown è intollerabile. «La California farà tutto ciò che è in suo potere per mantenere la rotta e incrementare il progresso (ambientale) in ogni stato, provincia e paese».

La parabola virtuosa degli ultimi quarant’anni rischia però di non avere un happy ending o almeno di subire una brusca battuta d’arresto ora che la Casa bianca è occupata da un’amministrazione negazionista che definisce il mutamento climatico una «truffa cinese». Trump e Pruitt sanno bene che la California è il maggiore ostacolo alla rottamazione ambientale e minacciano di revocare allo stato il waiver, il permesso di stabilire autonomamente le norme sulla qualità atmosferica riportandole sotto l’unica giurisdizione federale. Sarebbe un colpo micidiale per la California che senza poter più imporre limiti di efficienza ai costruttori automobilistici si troverebbe impossibilitata a proteggere l’aria respirata dai propri cittadini.

Dalla resistenza californiana dipenderanno in gran parte le sorti della strategia ambientalista globale in un momento sempre più critico per il pianeta. In palio ci sono salute pubblica, sviluppo e sostenibilità e un’idea radicalmente diversa di progresso. Col congresso blindato dai trumpisti almeno fino alla fine di quest’anno l’opposizione dovrà avvenire a livello di amministrazioni locali e nei tribunali.