I responsabili avrebbero nomi e cognomi: a provocare il bagno di sangue a Mina, nel primo giorno di Eid, durante il tradizionale pellegrinaggio musulmano alla Mecca, sarebbe stato il convoglio del vice principe ereditario Mohammed bin Salman Al Saud, ministro della Difesa di Riyadh. Accompagnato da 350 guardie del corpo, avrebbe costretto gli organizzatori a modificare il normale transito dei fedeli verso il ponte Jamarat, provocando così la calca che ha ucciso 717 persone.

Riyadh smentisce: notizie false. E rincara la dose: il mondo non punti il dito contro i sauditi. Eppure re Salman si è affrettato ad aprire un’inchiesta e a ordinare la revisione delle misure di sicurezza dietro le pressioni di Iran e Indonesia. Ieri migliaia di iraniani hanno marciato a Teheran per protestare contro l’Arabia Saudita, accusata anche dall’Ayatollah Khamenei. Intanto si affollano nei siti arabi le testimonianze dei sopravvissuti che raccontano di una totale mancanza di organizzazione da parte saudita: poliziotti inesperti, che non parlavano inglese e lontani dai luoghi strategici di passaggio, e assenza di indicazioni per il transito.